giovedì 18 giugno 2009

Nessun colpevole

Da quindici lunghi anni ascoltiamo gli slogan di Berlusconi e del suo partito, sempre così diversi e così uguali a se stessi nella loro banalità. Dagli elogi ai magistrati di Mani Pulite nella campagna elettorale del 1994, si passò quasi subito ad un rovesciamento delle gerarchie, dopo l'avviso di garanzia di Napoli che regalò all'allora premier e all'Italia la prima figuraccia internazionale (un avviso di garanzia per corruzione al presidente del Consiglio proprio nei giorni in cui presiedeva una conferenza Onu sulla corruzione). Quell'inchiesta, che non fu decisiva a far cadere il governo come invece si racconta adesso (cadde perché la Lega abbandonò il Polo, e Bossi si prese più volte da Berlusconi la qualifica di 'Giuda' e 'traditore'), non si concluse in un bicchier d'acqua, come al caro Gasparri piace raccontare. La fantasia (e la paura) dei magistrati la fece da padrona: Berlusconi fu prima assolto perché si disse che era suo fratello a corrompere la Guardia di Finanza. Poi suo fratello fu assolto perché si capì che, con quella faccia, non poteva decidere un bel niente: i giudici dissero che era evidente che fosse stato Silvio a decidere tutto, ma Silvio ormai era stato assolto e non si poteva 'ripescare'.
Dopo quel processo ne arrivarono tanti altri, per corruzione giudiziaria, falso in bilancio, finanziamento illecito, tutti finiti in prescrizione o con assoluzioni quanto meno generose. Ciò che sta succedendo nelle ultime settimane però è qualcosa di più. Non si parla solo di fatti penalmente rilevanti come la corruzione di un testimone (Mills, già condannato, Berlusconi fuori dal processo grazie all'apposito lodo Alfano) o di fatti moralmente rilevanti come il rapporto mai spiegato con la minorenne Noemi Letizia (e le barilate di bugie riversate a reti unificate per spiegare la dinamica della sua conoscenza). Le foto di Villa Certosa, le parole minacciose del fotografo Zappadu, i ridicoli tentativi degli house organ berlusconiani di delegittimare questo o quel giornale rivale, il deludente risultato delle elezioni europee, hanno portato un vento diverso nella politica italiana. Intanto, si può tranquillamente dire che questa maggioranza così forte e così solida, piano piano sta tremando sotto i colpi dei continui scandali del suo padrone. Certamente le possibilità che succeda davvero qualcosa, che ci sia quello 'scossone politico' di cui D'Alema parlava domenica scorsa (e le cui parole sono state vergognosamente strumentalizzate da chi ha interesse a spostare sempre l'attenzione dalla luna al dito), sono molto vaghe: prima di far cadere Berlusconi infatti, il centrodestra dovrebbe trovare un altro leader credibile, anche se vincere contro questo centrosinistra abbandonato dai suoi elettori non sembra una missione impossibile. Fini potrebbe essere l'uomo giusto, ma si dice che punti al Quirinale, per cui il favorito è Tremonti. Ma Berlusconi vorrà davvero lasciare lo scettro del comando?
Quel che è certo è che l'ultima inchiesta, quella di Bari svelata da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della sera, scotta parecchio. Intanto perché a gestirla non è il solito pm colluso della Procura di Roma, né l'ultimo dei magistrati sardi: a gestirla è infatti Pino Scelsi, magistrato di successo della Procura antimafia di Bari, fama di giudice integerrimo. Poi perché si parla di accuse gravissime, sia penalmente che moralmente: Ghedini può dire ciò che vuole, ma pagare delle ragazze perché vadano in abito da sera a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa, e restino lì per la notte, non è la solita marachella da mattacchione. Che credibilità può avere agli occhi dei cittadini un capo di governo che prima vieta categoricamente (e prevede l'arresto per) la prostituzione e poi si circonda di ragazzine prezzolate nelle sue ville? Da fine aprile in poi ne sono successe di cotte e di crude: la sentenza Mills, il divorzio da Veronica, il caso Noemi, ora l'inchiesta di Bari. Berlusconi stesso è nervoso, preoccupato, come ha dimostrato in occasione della visita ad Obama, in cui è rimasto zitto e fermo a pendere dalle labbra del presidente americano. Tutt'altro che il successo di cui parlano i suoi galoppini: i video su YouTube dimostrano che mentre Obama parlava, Berlusconi taceva, evitando anche di sorridere. Successo internazionale? Io non credo proprio. Piuttosto, strategia di leccaculismo diplomatico. D'altronde Silvio era abituato, con Bush, a fare il tappetino, fino a mandare migliaia di nostri soldati in Iraq solo per far contento il guerrafondaio texano (che Berlusconi continua a definire 'un grande presidente', al contrario di ciò che pensa tutto il resto del mondo).
A proposito di politica internazionale, poi, come dimenticare la memorabile visita a Roma di Gheddafi, che prima si presenta ai fotografi con una foto anti-italiana vecchia di 60 anni, poi fa aspettare Fini per due ore (e Fini lo ha mandato a cagare, sacrosanto), infine ci catechizza su quanto siamo fortunati ad avere al governo Berlusconi e non la sinistra (dichiarazioni subito riportate entusiasticamente dal Tg1, vergognoso come mai nella sua storia).
Non stupisce più la faziosità e la mancanza di etica dell'informazione televisiva: ormai ci siamo abituati, anche se negli ultimi anni il peggioramento della qualità dei telegiornali è stato a dir poco tangibile. Stupisce, piuttosto, l'esiguità della fetta di italiani che non credono nella televisione; stupisce il modo in cui Berlusconi e la Lega hanno conquistato la classe operaia (complice una sinistra assolutamente inetta); stupisce il modo in cui il Pdl affascina decine, centinaia di giovani di ogni età e di ogni titolo di studio. E' questo che è preoccupante. Sentire il deejay che in discoteca inneggia a Papi Silvio, seguito da un boato di ammirazione, preoccupa più delle immagini del premier che stringe le mani a tutti, e che viene lodato dai passanti. Se tutto ciò è successo, non dobbiamo dare soltanto la colpa a lui, né a Craxi, né ad altri. Se si deve cercare un colpevole, non c'è che da guardarsi allo specchio.