lunedì 28 gennaio 2008

domenica 27 gennaio 2008

Qualcuno si svegli dal torpore


Pronostico per le prossime elezioni: Forza Italia 35%, Alleanza Nazionale 15%, Udc 8%, Lega Nord 5% (totale 63%); Partito Democratico 25%, La Sinistra-l'Arcobaleno 7%, Italia dei Valori 3% (totale 35%). Berlusconi presidente del Consiglio. Legge sulle intercettazioni, libertà di stampa e di opinione calpestata, conti pubblici in bancarotta, Rai rasa al suolo, esercito italiano in Kosovo e in Afghanistan, magistratura in mano alla politica, Italia nel Terzo Mondo.
Non è demonizzazione nè antiberlusconismo. E' semplicemente lungimiranza. Come scacciare queste prospettive poco rosee? Andando a votare. Solo questo ci è rimasto.

Lei si mette davanti al suo piccolo schermo di 21 pollici e sbraita parlando di America, e di democrazia. Ma non esiste l'America, e non esiste la democrazia.
(da Quinto potere, di Sidney Lumet)

Macerata 1817 - Gli insorti antipapalini affiggono sui muri questo proclama:
"Quando l'altissimo Iddio vuole punire i popoli,
li consegna al governo degli imbecilli"

Ci si chiede:
Quando la misericordia di Dio ci fu propizia?
Quando mai noi italiani abbiamo meritato la misericordia divina?

mercoledì 23 gennaio 2008

De Pro(di)fundis


Era solo questione di tempo. Dopo quasi venti mesi di governo Prodi e dopo innumerevoli smarcamenti, gruppi misti, proclami, ricatti, polemiche, trasformismi e prese di posizione, alla fine è stato Mastella a porre la parola fine all'esperienza dell'Unione. E non per divergenze fondamentali, come potrebbero essere le posizioni sul Papa, sulle coppie di fatto o sulla laicità che tanto dividevano e dividono questa coalizione, ma per la mancata "solidarietà" nei suoi confronti dopo le dimissioni da ministro della Giustizia, o per il rifiuto di alcuni esponenti del Pd di andare a sostenerlo a Porta a porta, o per gli attacchi ricevuti da Di Pietro. Insomma, come direbbe Alessandro Sortino, "diamo un nome alle cose": una questione personale.
Parlando, o straparlando, da elettore del centrosinistra, seppur atipico, non posso dire di non aver previsto qualcosa del genere; dai primi mesi di governo abbiamo sentito Mastella e altri presunti "centristi" attaccare gli altri partiti, smarcarsi dal programma elettorale, rifiutare di approvare riforme fondamentali che erano state promesse agli elettori, prime tra tutti quelle sul sistema radiotelevisivo e sul conflitto d'interessi. Abbiamo visto Dini fondare un partito di ultrasettantenni con ben tre esponenti e proporre a Prodi un programma in dodici punti, non si sa bene in nome di quale mandato elettorale. Abbiamo visto Fisichella prendere le distanze più volte da un governo "troppo di sinistra". Abbiamo visto Pallaro ricattare continuamente la maggioranza in cambio di voti favorevoli. Per cui non possiamo scandalizzarci di fronte ad un Mastella che si tira fuori, specie se consideriamo che l'esperienza dell'ex ministro in politica, salvo clamorosi stravolgimenti, è al capolinea, dopo tutte le figuracce (e i problemi con la giustizia) rimediate.
Ciò che ci si dovrebbe aspettare in questo momento da questa coalizione è una scelta di buon senso, ovvero mettere fine, una volta per tutte, ad ogni divisione e ad ogni frammentazione partitica, mettere fine all'eterogeneità dell'Unione e pensare in primo luogo all'affidabilità dei suoi esponenti. Perché non si può più affidare un programma condiviso ai capricci di un Dini o di un Mastella. Lo capiranno? A volte pare che gli elettori siano più svegli e intelligenti degli eletti.

sabato 19 gennaio 2008

"Faccia da tonno"


Cossiga a SkyTg24 attacca Luca Palamara, segretario dell'Anm

Il video che ho inserito illustra alla perfezione l'atteggiamento con cui la politica affronta a muso duro la magistratura. Cossiga definisce l'Associazione Nazionale Magistrati un'"associazione a delinquere tra sovversiva e di stampo mafioso" sotto gli occhi increduli di Maria Latella e lo sguardo perplesso del segretario Palamara.

giovedì 17 gennaio 2008

Dimissioni. Per manifesta incapacità


Un paio d'anni fa non ci avrebbe creduto nessuno. Un governo di centrosinistra che, con il suo Ministro della Giustizia, attacca in maniera violenta, quasi con toni camorristici i magistrati in generale e coloro che indagano su di lui, sulla sua signora e sul suo partito in particolare, sarebbe stato impensabile. Ma se si considera che il Guardasigilli del governo Prodi si chiama Clemente Mastella, non ci si può sorprendere.
Due mesi fa le roventi inchieste di Luigi De Magistris sul presunto comitato d'affari "gestito" dall'imprenditore Antonio Saladino, l'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati e la conseguente richiesta di trasferimento "d'urgenza" dello stesso De Magistris. Adesso una nuova inchiesta, stavolta da Santa Maria Capua Vetere. Anche senza voler entrare nel merito delle indagini e nell'opportunità di dare gli arresti domiciliari alla signora Lonardo in Mastella proprio nel giorno in cui il ministro doveva riferire in Parlamento sulla situazione della giustizia, ciò che sorprende è l'atteggiamento di molti leader del centrosinistra davanti alle sue dimissioni. Dopo un attacco violento come è stato quello di Mastella ai magistrati, ci si aspettava, se non dall'Udeur, almeno da Veltroni e dal Pd una presa di distanze, una difesa anche blanda del potere giudiziario così duramente attaccato negli ultimi anni. Invece si deve prendere atto che, sempre e comunque, gli unici che prendono le difese dei magistrati sono Di Pietro e i Comunisti Italiani.
E così chi pensava che con Castelli a via Arenula avessero proprio toccato il fondo, ora si sarà ricreduto, specie considerando che Prodi ha assunto l'interim e che aspetterà il ritorno di Mastella al Ministero. Chissà perché non mettere uno più capace. Chissà tra quante settimane, giorni o ore l'Udeur per ripicca farà cadere il governo. Chissà come saranno tutti soddisfatti quando sarà tornato Berlusconi. Chissà dove andremo a finire.

martedì 15 gennaio 2008

God save the Queen


Dalla Gran Bretagna spesso arrivano, verso l'Italia, sermoni durissimi, che ci mostrano quanti difetti abbiamo e quante cose sbagliamo. Ricordiamo tutti le varie copertine dell'Economist contro Berlusconi ("unfit to lead Italy") o le prime pagine dei tabloid dopo l'ufficializzazione dell'ingaggio, da parte della nazionale inglese, di Fabio Capello (raffiguranti il tecnico di Pieris in gessato con un mitra in mano sopra la scritta "the Godfather").
Questa volta però l'hanno fatta grossa. E' uscita infatti la traduzione inglese del bestseller Gomorra di Roberto Saviano (titolo inglese Gomorrah - Italy's Other Mafia), subito apprezzato dalla critica inglese: l'Economist lo ha definito "uno dei libri più avvincenti e scomodi mai scritti sul crimine organizzato", il Guardian ha dedicato all'autore (peraltro attualmente sotto scorta dopo le minacce ricevute dalla camorra) due pagine di intervista e il mafiologo inglese John Dickie lo ha accolto con entusiasmo ("l'Italia ha bisogno di eroi così"). Tutto bene, se non fosse che nella versione inglese del libro è stato sbianchettato qualche particolare delle infiltrazioni camorristiche in Gran Bretagna, in particolare il nome di Antonio La Torre, arrestato nel 2006 in Scozia ed estradato in Italia, che aveva preso la cittadinanza britannica e stava facendo di Aberdeen una roccaforte criminale. Perché la legge inglese è diversa da quella italiana (il reato di associazione mafiosa non esiste), perché La Torre è innocente fino a condanna definitiva, perché è meglio non avere grane.
Saviano, che ha accettato anche se controvoglia le richieste dell'editore McMillan, si è dichiarato giustamente "scandalizzato dalla legge inglese sulla diffamazione, che arriva a impedire di chiamare un boss della mafia per quello che è". Ma come, non erano gli inglesi che insegnavano la regola delle 5 W? E la prima di quelle 5 W non è forse il "who?", ovvero il "chi"?

lunedì 14 gennaio 2008

Leggi criminali e strategie mal riuscite



Di Berlusconi si può dire di tutto, ma non che non sia furbo. Ieri, con una sincerità inedita negli ultimi anni, ha sentenziato che "non si può dialogare con una maggioranza che vuole approvare una legge criminale come la Gentiloni sulle televisioni"; già in serata il suo portavoce Bonaiuti, di fronte alle flebili risposte del centrosinistra (e nemmeno tutto), aveva cercato di sminuire quanto aveva detto il suo capo, mentre stamattina egli stesso ha smentito di aver collegato il dialogo sulla legge elettorale con la riforma sulle tv. Per l'ennesima volta è stato frainteso.
Ieri il rifondarolo Folena si era dichiarato "sorpreso e dispiaciuto" dall'atteggiamento del Cavaliere. Ma come, sono anni che Berlusconi prende in giro tutti quanti e Folena è sorpreso e dispiaciuto? Poi rincara la dose: "uno statista è colui che per l'interesse generale, tanto più in una fase di riforma delle istituzioni, è capace di mettere da parte il proprio particolare". Ecco, c'è ancora qualcuno che considera Berlusconi uno statista, in grado di mettere da parte i propri interessi in nome dell'interesse generale. Gasparri, nel parlare della riforma Gentiloni, sentenzia che "è una pessima legge", memore di quella, splendida, che porta abusivamente il suo nome e che riuscì niente po' po' di meno che a salvare Rete4 e a lanciare nelle case degli italiani il Digitale Terrestre, ancora sconosciuto ai più. Veltroni, dal canto suo, parla ancora una lingua strana; ieri sbiascicava che "non si possono paragonare le due cose", oggi plaude alla rettifica del Cavaliere ed esulta per "la conferma della disponibilità a cercare una soluzione".
Alla fine dei conti il più estremista di tutto il Governo si è rivelato il buon vecchio Romano Prodi, che ha commentato così: "Berlusconi? Aspetto una sua nuova dichiarazione tra un paio d'ore". E' evidente che la sparata di Berlusconi non era fatta a casaccio; si è trattato di una delle strategie quotidiane per far litigare la maggioranza. Evidentemente a destra si aspettavano che ad un diktat del genere ci sarebbe stato uno scappellamento generale per accontentarlo, in nome del "bene del Paese"; ciò non è successo (anche se i partiti di sinistra avevano le idee più chiare di Udeur, Sdi e Pd, Gentiloni escluso), perciò la retromarcia è arrivata subito, nell'attesa di trovare un altro argomento per far cadere il governo, dato che il mercato di novembre dei senatori non è andato certo a buon fine (anzi).

venerdì 11 gennaio 2008

Emergenza tombale


Ormai succede di tutto. Negli ultimi mesi di campagna elettorale del 2001 i telegiornali delle reti Mediaset pullulavano di notizie di cronaca: sbarchi di clandestini, stupri, rapine, omicidi, emergenza criminalità in ogni edizione, tutto in silenzioso accordo con gli enormi poster "Città più sicure" della Cdl. In maggio il centrodestra vinse le elezioni, e la cronaca sparì; secondo l'Osservatorio di Pavia, le ore dedicate dai tg ai temi dell'insicurezza crollarono (per la criminalità organizzata "da oltre 16 ore a meno di 6").
Nell'ultimo anno e mezzo è stato un susseguirsi di emergenze, prima i rumeni, la sicurezza, ora la spazzatura; emergenze sulle prime pagine dei giornali, emergenze nei notiziari, "insicurezza dei cittadini". E il centrosinistra cosa fa? Nel sospetto che il senso di insicurezza sia dovuto all'informazione, Violante convoca i direttori dei tg e "apre un dibattito" sulla "percezione di insicurezza", dovuta al "sistema dell'informazione e della comunicazione, con particolare riguardo al modo in cui esso sceglie e presenta le notizie, nel formarsi e nel diffondersi di un'opinione condivisa sul grado di sicurezza di una comunità" mostrando chiaramente di volersi intromettere nell'operato dei notiziari.
Così si permette ad un Mimun qualsiasi, quello che tagliò l'audio di Berlusconi che dava del kapò nazista a Schulz, quello che cacciò Daniela Tagliafico dal Tg1 perché non allineata, quello che trasformò il primo telegiornale italiano in una Pravda berlusconiana, di urlare allo scandalo perché siamo in un paese in cui non c'è libertà di stampa. Succede anche questo, in Italia: è come se Goebbels si lamentasse della censura a Luttazzi. Non è bellissimo?

giovedì 10 gennaio 2008

Responsabili wanted


La Campania è sommersa. Per l'ennesima volta negli ultimi anni si parla di emergenza rifiuti e si condannano "i partiti del no", coloro che non vogliono gli inceneritori, che predicano la necessità della raccolta differenziata, che insistono sulla pericolosità per la salute di discariche e termovalorizzatori, che protestano contro i finanziamenti pubblici al Cip6 (grazie al quale decine di milioni di euro sono andati ai petrolieri anziché alle rinnovabili). Fa parte del cosiddetto "partito del no", guardacaso, il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, uno dei pochi politici che da anni insiste sui punti di cui sopra; da qualche giorno il colpevole dell'emergenza campana è lui, all'unanimità.
Non una parola sui magistrati che non hanno indagato, sui finanziamenti scomparsi, sulla camorra, sull'Impregilo che doveva smaltire e non ha smaltito, su Bassolino e la Jervolino che regnano a Napoli e in Campania da anni.
Ciliegina sulla torta, la nomina di Gianni De Gennaro a commissario straordinario. Massimo rispetto a ciò che è stato De Gennaro, sempre in prima linea nella lotta alla mafia e in passato anche al fianco di Giovanni Falcone, ma sarebbe ora, in questo paese, che qualcuno pagasse per le malefatte che commette o quantomeno per le conseguenze morali. De Gennaro era capo della polizia ai tempi dei pestaggi del G8 di Genova, nel 2001, ai tempi della più grave sospensione della democrazia e dello stato di diritto degli ultimi anni, della "repressione cilena", della "macelleria messicana", per ricordare alcune delle espressioni usate per descrivere quei giorni vergognosi; inoltre, per quei fatti è anche indagato. In un paese normale si sarebbe dimesso un'ora dopo la morte di Carlo Giuliani, e non sarebbe mai più tornato in nessuna veste. In Italia invece si riciclano tutti, si riabilitano tutti, tant'è che in commissione Antimafia siedono due pregiudicati, Alfredo Vito (Fi, 2 anni patteggiati e 5 miliardi di lire restituiti per 22 episodi di corruzione) e Paolo Cirino Pomicino (DcA, 1 anno e 8 mesi definitivi per finanziamento illecito tangente Enimont, 2 mesi patteggiati per corruzione per fondi neri ENI): guardacaso, entrambi campani.

mercoledì 9 gennaio 2008

Grazia e Giustizia?


Stupisce, ancora una volta, l'ipocrisia di certi commentatori e di certi politici nell'affrontare la criminalità organizzata, o nel parlare di essa. In questi giorni di drammatica emergenza rifiuti in Campania, invece di parlare di quali sono e di chi sono le responsabilità di una situazione del genere e di quali dovrebbero essere le soluzioni, si parla della camorra, dei "termovalorizzatori", di Mastella. Si blatera che i "termovalorizzatori" risolveranno il problema, senza informare i cittadini che portano atroci conseguenze sul piano della salute e dell'inquinamento. Si criminalizza chi manifesta, anche violentemente, per protestare contro questa situazione: pochi violenti, si dice. Come se, negli scontri a Pianura, la notizia fosse nei "pochi violenti" che aggrediscono le forze dell'ordine, e non nella spazzatura che infesta un'intera regione italiana.
Si blatera poi che la colpa è della camorra, che bisogna combattere la criminalità organizzata in tutto il Meridione perché senza mafia, camorra e 'ndrangheta il Sud sarebbe al passo con il Nord. Parole sante. Ma poi cosa si fa per combattere la criminalità? Dopo aver arrestato fior di latitanti, si discute se dare o no la grazia a Bruno Contrada. Mastella fa partire la pratica, giudicandola "un atto dovuto" (alle vittime della mafia? alla mafia? a chi?), televisioni e giornali ci martellano da giorni sulle "condizioni drammatiche di vita" di Contrada, "aggravate dalla malattia". E così dopo quindici anni di processo, centinaia di testimonianze e tre sentenze di condanna, si apre il dibattito sulla grazia ad un uomo che, in prima linea nella lotta a Cosa Nostra, invece di combatterla la favoriva, aiutando il boss John Gambino e il riciclatore Oliviero Tognoli a scappare dall'Italia, rinnovando il porto d'armi al mafioso Calvello, avvisando Antonino Salvo delle indagini su di lui, minacciando Gilda Ziino, vedova dell'ing. Parisi (ex presidente del Palermo) assassinato dalla mafia ("qualunque cosa tu sappia sulla morte di Roberto devi stare zitta e non parlarne con nessuno, ricordati che hai una figlia piccola"). Un modo molto originale di combattere la mafia.