sabato 19 luglio 2008

Il Re Sole

Riporto alcuni frammenti di un articolo di Alexander Stille, dal titolo "L'ossessione di Luigi XIV", pubblicato su la Repubblica dello scorso 14 luglio.

Che peso dare all'ultima tornata di scandali, un turbine di intercettazioni, voci, pettegolezzi piccanti? Sarebbe facile liquidarli come giornalismo scandalistico, sensazionalismo o una questione di stile e buon gusto: Sabina Guzzanti ha esagerato con quell'appellativo riferito alla Carfagna? Per Berlusconi non è che gossip e spazzatura. Però spulciando con attenzione il caos di rivelazioni e frammenti di informazioni e intercettazioni, si scopre tutta una serie di problematiche fondamentali. identificative dell'Italia di oggi, che riguardano lo stato di diritto, la responsabilità del potere.Ma anche gli infiniti conflitti di interesse creati dalla presenza di Berlusconi in politica, e il quadro della vita politica nazionale di un grande paese ridotta ad estensione del potere personale di un singolo individuo. (...)
Tanto per cominciare le intercettazioni, comprese quelle "piccanti" di cui non si fa che parlare, nascono da un fatto di estrema gravità: i rapporti scorretti tra Agostino Saccà, responsabile di Rai Fiction e Berlusconi nel suo ruolo di proprietario di Mediaset, principale concorrente della Rai. (...)
Ringraziando Saccà per i numerosi piaceri, Berlusconi, stando a quanto riportato, ha detto: «Ti contraccambierò quando sarai libero imprenditore».
Questo è l'esempio perfetto di quel conflitto di interesse che molti di noi paventarono nel momento in cui Berlusconi entrò in politica: l'uso del grande potere che gli deriva dalla ricchezza per distorcere la funzione di governo, per corrompere un funzionario pubblico affinché si presti ai suoi fini invece di fare il proprio dovere. L'ammissione da parte di Berlusconi che il fine era far cadere un governo con mezzi impropri basterebbe da sola, in un paese normale, a escludere Berlusconi dalle cariche pubbliche, ma gli italiani, sordi al problema del conflitto di interessi, ancora una volta si sono fidati, fiduciosi che avrebbe anteposto il progresso del paese agli interessi personali, fiducia che alla luce di una serie di leggi ad personam e dell'attuale pasticcio si è dimostrata per l'ennesima volta illusoria. (...)
Torniamo un attimo alle origini della soap opera che ha per protagonista Mara Carfagna: Berlusconi in Tv dichiara esplicitamente il suo interesse sessuale per lei: «Se non fossi già sposato, la sposerei subito». In ultima analisi non è importante se Berlusconi sia riuscito nei suoi intenti, e se la Carfagna sia una delle donne delle intercettazioni. In una democrazia normale, ci si aspetta che l'incarico di parlamentare o di ministro sia assegnato a persone di grandi qualità (non direi le più qualificate, la politica è politica ovunque), ma è logico attendersi un altissimo livello di professionalità. Candidare al Parlamento e assegnare un ministero ad una trentaduenne ex pin-up la cui principale qualifica è chiaramente l'attrazione sessuale del premier nei suoi confronti significa farsi beffe del concetto di governo rappresentativo. Per la parlamentare accettare un ruolo di potere dopo esser stata corteggiata apertamente in televisione significa sacrificare ogni diritto alla privacy. Introdurre la propria vita sessuale nella sfera pubblica è una caratteristica saliente del politico Berlusconi. «Ho avuto una fidanzata turca», dice di fronte ad una delegazione turca. Fa battute sull'avvenente premier danese e la moglie Veronica. Si vanta con la stampa francese delle sue amanti d'oltralpe. Dice di essersi sacrificato a fare il dongiovanni con il primo ministro finlandese, una donna bruttina. Parla con gli investitori a Wall Street delle "belle segretarie". Nell'ultima campagna sbandierava la maggiore avvenenza delle donne del Popolo della Libertà rispetto a quelle del centrosinistra. (...)
Fa scalpore per un attimo che nel press kit della Casa Bianca, anche sotto l'amica amministrazione Bush, ci si riferisca a Berlusconi poco rispettosamente come a un "politico dilettante" in un "paese noto per la corruzione". Ma è segno della profonda mediocrità e del provincialismo dell'Italia di Berlusconi in cui grazie a una stampa ampiamente controllata e accomodante le gaffe del premier vengono minimizzate, o celate o non mostrate in Tv, che la maggior parte degli italiani vive nell'illusione che Berlusconi goda di vasto rispetto oltreoceano, quando invece è considerato pressoché universalmente un buffone. Non è semplicemente una questione di stile. Il profondo sessismo e la misoginia sono entrambi specchio di una società in cui le donne hanno pochissimo potere, e l'Italia è agli ultimi posti quanto a presenza delle donne in politica e nella forza lavoro. (...)
Berlusconi ha cambiato la legge elettorale italiana, contro la volontà degli italiani espressa in un referendum, per tornare ad un sistema proporzionale imponendo il potere quasi assoluto dei segretari di partito sui candidati al Parlamento. Non era solo la maniera perfetta per perpetuare il sistema delle "caste" in Italia, ma dava a Berlusconi la facoltà di mettere in Parlamento chi volesse, riducendo il ruolo del parlamentare a quello di un mero dipendente. Il risultato è una Deborah Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi cacciata dalla Rai perché nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche eseguiva gli ordini del suo ex capo. La punizione? Una liquidazione di più di 350.000 euro e un seggio in Parlamento. L' Italia è in teoria una democrazia parlamentare, ma sotto Berlusconi il Parlamento è stato svuotato di ogni reale significato. Non è che un timbro di gomma per avallare le decisioni del capo. (...)
Questa totale confusione tra pubblico e privato rispecchia la visione berlusconiana dello "stato patrimoniale", come lo definì Giuliano Ferrara, in cui tutto e tutti appartengono a Berlusconi. Ai tempi di Luigi XIV, non c'era distinzione tra pubblico e privato. La corte assisteva nella stanza da letto del re alla vestizione e a molte funzioni corporali del sovrano. Ma il motto di Luigi XIV "L'etat c'est moi" era in realtà un passo avanti rispetto all'anarchia feudale e implicava pur sempre un concetto di Stato. Quello di Berlusconi è ancor più primitivo, più vicino alla frase "E' tutta roba mia". Ragione di più perché le intercettazioni siano pubblicate e analizzate in tutte le loro implicazioni. Chi decide quali nastri siano 'irrilevanti' e meramente personali quando il meramente personale e il politico sono inesorabilmente interconnessi?

venerdì 11 luglio 2008

No Cav


E' incredibile. Siamo ormai così abituati a non essere liberi, tanta è la libertà di cui ci hanno privati poco alla volta, un pezzettino al giorno, che ormai nessuno si indigna se qualcuno non è più libero di esprimere la sua opinione, il suo diritto di critica e anche di satira nei confronti di chicchessia. E dunque Grillo che critica Napolitano perché sta per firmare una legge, il Lodo Alfano, che di fatto rende quattro alte cariche dello Stato cittadini di serie A, intoccabili e impunibili - a prescindere dal fatto che il lodo serva solo alla carica più bassa - e che un Pertini o uno Scalfaro avrebbe stracciato dopo due minuti, "attacca", "insulta", così come Sabina Guzzanti, il cui pezzo SATIRICO, perché di satira si parla, è stato carico di energia, arte, a tratti sboccato ma stupendo, per i giornali ha "vilipeso" un ministro e "insultato" il Papa. Chiaramente, nessun rilievo sul fatto che in Piazza Navona c'erano migliaia di persone, che per la prima volta si sono "incontrate" le piazze del Pd, della Sinistra, dei girotondi e dei grillini, che tutti i sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è contraria al lodo Alfano. Niente.
Cosa avranno mai detto Grillo e la Guzzanti? Grillo, a parte la frase su Napolitano che in ogni caso rientra nel diritto di critica, ha parlato per dieci minuti di quelli che sono i veri problemi dell'Italia, dal precariato all'economia, dall'energia all'ambiente. Sabina si è invece indignata per la nomina di Mara Carfagna a ministro delle Pari Opportunità, scelta discutibile specie alla luce delle ultime insistenti voci sui "rapporti orali" - il quotidiano argentino Clarìn, che ha dato la notizia, li ha chiamati più onestamente "pompini" - dell'ex valletta con l'attuale premier, ed ha detto ad alta voce in una piazza stracolma quello che molti pensano, alcuni dicono, in troppi tacciono: che la presunta censura del Papa alla Sapienza fu una montatura dei media e che non c'è nessun motivo per cui Ratzinger dovrebbe inaugurare l'anno accademico delle nostre università. Stop.
Insulto? Vilipendio? Attacco gratuito? No, libertà di pensiero, di opinione. Di Travaglio, meglio non parlare, dato che soprattutto da sinistra è stato accusato anche lui di aver attaccato il capo dello Stato, altra colossale stronzata. Veltroni è andato da Mentana, su una televisione del capo del Governo, a dire a Di Pietro che deve scegliere tra stare con Grillo e Travaglio (e con molti elettori, per la verità) e stare con il Partito Democratico, "in un percorso razionale e riformista" che personalmente fatico a scorgere. Molti blogger-militanti del Pd, caduti dal pero per l'occasione, si indignano anche loro verso questo Di Pietro che non mantiene le promesse della campagna elettorale, solo perché non ha formato il gruppo unico, ma è stato il Pd a non volerlo, il gruppo unico, o no?; per il resto, mi risulta che le promesse elettorali di Di Pietro siano state tutte mantenute. Aveva detto che avrebbe fatto un'opposizione dura a questo regime vergognoso, e opposizione dura sta facendo. Per questo lo abbiamo votato. E taccia chi, da ignorante bifolco e cieco, diceva che io e quelli come me hanno votato per Di Pietro solo perché era alleato con il Pd e si poteva vincere: il Pd non poteva vincere. Prima di tutto, perché non si è accorto per niente che l'ondata di "antipolitica", che altro non è che delusione verso una certa categoria di "politici" (nel senso di uomini, di nomi), doveva essere cavalcata per guadagnare voti. Si doveva ascoltare Grillo, si doveva ascoltare Travaglio, si dovevano ascoltare i ragazzi dei Meetup. Se si chiudono occhi e orecchie e si punta solo sulla presenza a Matrix e Porta a Porta - dove peraltro si blatera della "sinistra che deve tornare a radicarsi sul territorio, che deve ascoltare la base", senza poi farlo - il nostro destino è e resterà quello di essere all'opposizione.
In conclusione, comunque, la cosa più divertente degli ultimi tre mesi è il fatto che, di fronte alle prime quattro o cinque vergogne del nuovo governo Berlusconi - le impronte ai bambini Rom, la legge salva Rete4, il lodo Alfano, la bloccaprocessi, il reato di clandestinità - tutti i cosiddetti intellettuali di sinistra, da Sansonetti a Polito passando per le "menti" del Pd, hanno intonato puntualmente "chi se ne frega" delle impronte, "chi se ne frega" di Rete4 e via dicendo, perché "le priorità del Paese sono altre", sono "le famiglie che non arrivano a fine mese". E allora permettiamo a questo governo di fare tutto, di tapparci la bocca, di mandarci la polizia o l'esercito in casa, per lo più senza combattere seriamente la criminalità, senza rimuovere un grammo di spazzatura campana e senza rilanciare il lavoro e l'economia. Quando saremo ufficialmente nel Terzo Mondo, i Polito e i Sansonetti potranno tranquillamente emigrare dove vorranno, dall'alto dei loro stipendi milionari e dei loro salotti altolocati. Dov'è finita la sinistra?
Eppure all'interno del Pd qualcuno, peraltro del gruppo dirigente, che dice cose sensate c'è ancora. Spero solo che la razionalità del partito che dovrebbe racchiudere la sinistra italiana non si fermi a Mario Adinolfi. Giovani, svegliatevi.