giovedì 30 ottobre 2008

Nel mondo del Re Sole


E' imbarazzante dover seguire gli avvenimenti di questi giorni con il solito metro di giornali e telegiornali italiani. Solo qualche giorno fa, un presidente emerito della Repubblica italiana come Francesco Cossiga - che aveva peraltro già dato modo in passato di farci dubitare della sua sanità mentale - in un'intervista ha ricordato i bei tempi degli anni '70, quando da ministro dell'Interno mandava agenti provocatori tra gli studenti che manifestavano, per poi massacrarli tutti dopo averli lasciati liberi e felici a distruggere vetrine e palazzi. Giusto oggi - o ieri, è passata la mezzanotte - i suggerimenti di Cossiga si sono magicamente tramutati in realtà. Eccoli, gli agenti provocatori, in piazza Navona. Travestiti da studenti del Blocco Studentesco, coperti da caschi e passamontagna e con mazze avvolte da bandiere tricolori in mano. Fossimo ancora negli anni '20, questi buzzurri si chiamerebbero squadristi. Ora siamo nel 2008, e si chiamano estremisti di destra. Coloro che attaccati da un'infame violenza - una volta si sarebbero chiamati manifestanti inermi - cercano di difendersi utilizzando il primo oggetto che trovano davanti (in questo caso alcune sedie) si chiamano estremisti di sinistra. Allo stesso livello, sia chi arriva in piazza armato per picchiare, sia chi si difende. Nessuna distinzione.
Si voleva evidentemente arrivare a questo per screditare un movimento studentesco come non se ne erano mai visti. Quello del '68 era ideologizzato, e lottava anche contro i professori. Quello del '77 era violento e anch'esso politicizzato, e vide studenti ed operai sulla stessa linea, partorendo il terrorismo. Questo non è un movimento normale. Non ci sono violenti. Ci sono studenti di tutte le età, professori di tutte le scuole, non ci sono partiti (anche perché il Pd è lontano anni luce da questi ragazzi). Servivano, e servono gli episodi di violenza, come ha suggerito Cossiga, per poter giustificare la repressione che verrà, per queste proteste come per quelle che verranno.
Gli studenti sembrano decisi a continuare, ad oltranza. Ma arriverà, tra un giorno, una settimana, un mese, il momento in cui tutto arriverà alla fine. Uno studente, e poi un altro, e poi un altro ancora inizieranno a pensare che forse questa è una battaglia destinata ad essere persa, ed abbandoneranno il campo. O peggio, i loro genitori li convinceranno che forse non è il caso di prendersi una manganellata per qualcosa che non riusciranno mai a cambiare. Perché se Beppe Grillo ha come grido di battaglia "Loro non molleranno mai, noi neppure", la verità è che fino ad ora, gli unici a non mollare sono loro. Come stanno dimostrando con la politica dei decreti, che ha totalmente eroso l'utilità del Parlamento. Come stanno dimostrando con la Commissione di Vigilanza Rai, con Orlando che aspetta da mesi di essere eletto alla presidenza (ma qualcuno vuol scommettere che finché il candidato non cambia la Vigilanza resta senza presidente?). Come dimostreranno con la legge elettorale per le europee, in cui le preferenze verranno abolite in modo che Berlusconi possa mandare in Europa solo i suoi uomini più fidati.
Qualche giorno fa, nella redazione di Leggo si discuteva sulla pessima situazione di questo paese. Prima di Mani Pulite c'erano i ladri, che però almeno si preoccupavano di dare dell'Italia un'immagine internazionale decente. Ora c'è gente che stimola grasse risate ai nostri coetanei spagnoli, tedeschi, francesi. Un ministro che fino a cinque anni fa faceva i calendari senza veli. Più di venti parlamentari pregiudicati. Un presidente del consiglio che racconta le barzellette e cambia le leggi a suo uso e consumo per salvarsi dai processi. Un presidente del Senato ex socio di affari di alcuni mafiosi. Un presidente della Camera che va a tuffarsi in aree protette e con divieto di balneazione. Una compagnia di bandiera svenduta a quattro lire ad un gruppetto di amici del premier, con trattativa privata. Tutte le televisioni che cantano i successi del governo. Il premier che chiede agli industriali di non comprare più spot sul servizio pubblico "perché diffonde ansia e pessimismo", suggerendo invece di comprarli dalla concorrenza, che per puro caso è anche la sua azienda di famiglia. Un ministro dell'Istruzione che chiede di ripristinare la meritocrazia, sette anni dopo aver percorso 900 km per sostenere l'esame di avvocato in una sede dove venivano tutti promossi, anziché farlo nella sua provincia dove per essere promossi bisognava studiare.
Meglio non continuare. Per chi ha la mia età le consolazioni sono già poche per affogare definitivamente nell'eccessivo pessimismo. Personalmente, mi piace pensare di essere fortunato, perché tra molti anni potrò raccontare anch'io, come i miei nonni, di aver vissuto sotto una dittatura. Perché diciamocelo chiaramente, questa Italia in cui ci troviamo, come definirla se non una vera e propria dittatura?

lunedì 6 ottobre 2008

Maltrattamenti alle Br

C'è un nuovo documento agli atti del processo a carico di 17 presunti appartenenti al Partito comunista politico-militare, ritenuto una prosecuzione della Seconda posizione delle Brigate Rosse. I detenuti in carcere hanno messo nero su bianco, e i giudici della prima Corte d'Assise di Milano hanno ordinato l'acquisizione del documento, quanto sarebbe accaduto nel carcere di Roma-Rebibbia il 3 ottobre, dopo che, in sette erano partiti dal carcere di Siano (Catanzaro) «per un tour di due giorni, approdando infine nei dintorni di Milano». Una volta nel carcere romano, denunciano, sarebbero stati oggetto di «modalità di perquisizione evidentemente degradanti, con flessioni, nudi, a fronte di una o più guardie senza altro fine che l'umiliazione personale». Da qui vi sarebbe stato un rifiuto da parte dei detenuti seguito da «immediatamente una escalation aggressiva». «Uno di noi - raccontano - viene portato a viva forza, praticamente nudo, attraverso 'i corridoì in una cella di isolamento». Questo ha causato altre proteste per farlo tornare. «Il giorno successivo - è scritto nel documento - la partenza avviene tra due ali di agenti lungo i corridoi, percossi e insultati». Un «trattamento riservato in particolare a due compagni». Si tratta, a quanto si è saputo, di Bruno Ghirardi e Vincenzo Sisi, l'uno milanese, l'altro di Torino.
Il pm Ilda Boccassini non si è opposta a che entrassero nel processo questo documento e altri che descrivono la condizione carceraria dei detenuti tutt'ora in carcere (altri sono da tempo ai domiciliari). I difensori degli imputati hanno sottolineato come qualcuno, tra i detenuti si trovi al «circa 1200 chilometri» da Milano, con le conseguenti difficoltà per il diritto di difesa. Oggi, in udienza, sono stati sentiti come testimoni un funzionario della Digos di Torino e altri poliziotti della Digos di Milano che, attraverso pedinamenti e intercettazioni ambientali avevano monitorato l'attività del gruppo, a cui sono attribuite alcune azioni incendiarie ai danni della sede di Forza Italia a Milano e di Forza Nuova a Padova, oltre che un tentativo di sradicare uno sportello Bancomat ad Albisgnasego (Padova). Alcuni poliziotti hanno deposto dietro un paravento, per tutelare le peculiari esigenze di indagine cui sono chiamati.

(agenzia Ansa)

sabato 13 settembre 2008

Berlusconi IV: Mariastella Gelmini


Quando Letizia Moratti diventò ministro dell'Istruzione e stravolse la scuola con una riforma insensata, in molti pensarono che si stesse toccando il fondo, anche se la riforma fu studiata in nome dell'"innovazione". A quanto pare, con il Berlusconi IV e il nuovo ministro Mariastella Gelmini, si sta provvedendo a raschiare il fondo.

Questa 35enne avvocatessa bresciana, militante di Forza Italia fin dalla tenera età di 21 anni - gioventù bruciata - nel suo curriculum politico vanta grandiosi successi come la cacciata da presidente del consiglio comunale di Desenzano del Garda per inoperosità e, soprattutto, del progetto di legge, presentato lo scorso febbraio, "per la promozione e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica amministrazione". Parole sante, se non fosse che, come ha scritto il Corriere qualche giorno fa, la paladina del merito nel 2002 emigrò a Reggio Calabria per il suo esame di Stato, perché la sua famiglia "era povera ed avevo bisogno di lavorare".

Tra i veri meriti e successi della Gelmini, scherzi a parte, la solerzia e fedeltà con cui è stata membro della giunta per le autorizzazioni a procedere, del comitato parlamentare per i procedimenti di accusa e della II commissione giustizia nella scorsa legislatura. Tra i suoi memorabili discorsi in aula, la condanna delle intercettazioni ("«Bancopoli», «calciopoli», «vallettopoli», oltre che rappresentare macroscopiche falle e storture del sistema Italia, sono soprattutto patologiche manifestazioni di un sistema infetto dalla costante violazione del diritto di ognuno alla propria riservatezza, in nome di una non meglio delineata (??) verità da dimostrare"), la difesa a spada tratta di Sgarbi dopo uno dei suoi violenti attacchi alla magistratura e poco altro e il tentativo di diminuire le pene per alcuni tipi di reati ambientali. Un curriculum di tutto rispetto per chi vuole diventare ministro, altro che Mara Carfagna.

Ma a proposito di dicastero. La Gelmini nel giro di qualche mese è riuscita nell'arduo compito di riportare la scuola italiana indietro di cinquant'anni, con il ripristino del voto in condotta e del maestro unico e la ridicola proposta di far tornare obbligatorio il grembiule per gli studenti (sarà rimasta affascinata da qualche college movie americano), e di far scendere in piazza una categoria, quella dei docenti, solitamente non incline a gesti così eversivi. In nome del sacro concetto dei "tagli", rischiano di restare a casa migliaia di docenti, precari e non. Come ha detto Gian Antonio Stella qualche settimana fa, si può anche parlare (e agire) di grandi valori come la meritocrazia, ma bisognerebbe anche avere la dignità per farlo, in un'epoca in cui chi predica bene razzola sempre malissimo.

sabato 19 luglio 2008

Il Re Sole

Riporto alcuni frammenti di un articolo di Alexander Stille, dal titolo "L'ossessione di Luigi XIV", pubblicato su la Repubblica dello scorso 14 luglio.

Che peso dare all'ultima tornata di scandali, un turbine di intercettazioni, voci, pettegolezzi piccanti? Sarebbe facile liquidarli come giornalismo scandalistico, sensazionalismo o una questione di stile e buon gusto: Sabina Guzzanti ha esagerato con quell'appellativo riferito alla Carfagna? Per Berlusconi non è che gossip e spazzatura. Però spulciando con attenzione il caos di rivelazioni e frammenti di informazioni e intercettazioni, si scopre tutta una serie di problematiche fondamentali. identificative dell'Italia di oggi, che riguardano lo stato di diritto, la responsabilità del potere.Ma anche gli infiniti conflitti di interesse creati dalla presenza di Berlusconi in politica, e il quadro della vita politica nazionale di un grande paese ridotta ad estensione del potere personale di un singolo individuo. (...)
Tanto per cominciare le intercettazioni, comprese quelle "piccanti" di cui non si fa che parlare, nascono da un fatto di estrema gravità: i rapporti scorretti tra Agostino Saccà, responsabile di Rai Fiction e Berlusconi nel suo ruolo di proprietario di Mediaset, principale concorrente della Rai. (...)
Ringraziando Saccà per i numerosi piaceri, Berlusconi, stando a quanto riportato, ha detto: «Ti contraccambierò quando sarai libero imprenditore».
Questo è l'esempio perfetto di quel conflitto di interesse che molti di noi paventarono nel momento in cui Berlusconi entrò in politica: l'uso del grande potere che gli deriva dalla ricchezza per distorcere la funzione di governo, per corrompere un funzionario pubblico affinché si presti ai suoi fini invece di fare il proprio dovere. L'ammissione da parte di Berlusconi che il fine era far cadere un governo con mezzi impropri basterebbe da sola, in un paese normale, a escludere Berlusconi dalle cariche pubbliche, ma gli italiani, sordi al problema del conflitto di interessi, ancora una volta si sono fidati, fiduciosi che avrebbe anteposto il progresso del paese agli interessi personali, fiducia che alla luce di una serie di leggi ad personam e dell'attuale pasticcio si è dimostrata per l'ennesima volta illusoria. (...)
Torniamo un attimo alle origini della soap opera che ha per protagonista Mara Carfagna: Berlusconi in Tv dichiara esplicitamente il suo interesse sessuale per lei: «Se non fossi già sposato, la sposerei subito». In ultima analisi non è importante se Berlusconi sia riuscito nei suoi intenti, e se la Carfagna sia una delle donne delle intercettazioni. In una democrazia normale, ci si aspetta che l'incarico di parlamentare o di ministro sia assegnato a persone di grandi qualità (non direi le più qualificate, la politica è politica ovunque), ma è logico attendersi un altissimo livello di professionalità. Candidare al Parlamento e assegnare un ministero ad una trentaduenne ex pin-up la cui principale qualifica è chiaramente l'attrazione sessuale del premier nei suoi confronti significa farsi beffe del concetto di governo rappresentativo. Per la parlamentare accettare un ruolo di potere dopo esser stata corteggiata apertamente in televisione significa sacrificare ogni diritto alla privacy. Introdurre la propria vita sessuale nella sfera pubblica è una caratteristica saliente del politico Berlusconi. «Ho avuto una fidanzata turca», dice di fronte ad una delegazione turca. Fa battute sull'avvenente premier danese e la moglie Veronica. Si vanta con la stampa francese delle sue amanti d'oltralpe. Dice di essersi sacrificato a fare il dongiovanni con il primo ministro finlandese, una donna bruttina. Parla con gli investitori a Wall Street delle "belle segretarie". Nell'ultima campagna sbandierava la maggiore avvenenza delle donne del Popolo della Libertà rispetto a quelle del centrosinistra. (...)
Fa scalpore per un attimo che nel press kit della Casa Bianca, anche sotto l'amica amministrazione Bush, ci si riferisca a Berlusconi poco rispettosamente come a un "politico dilettante" in un "paese noto per la corruzione". Ma è segno della profonda mediocrità e del provincialismo dell'Italia di Berlusconi in cui grazie a una stampa ampiamente controllata e accomodante le gaffe del premier vengono minimizzate, o celate o non mostrate in Tv, che la maggior parte degli italiani vive nell'illusione che Berlusconi goda di vasto rispetto oltreoceano, quando invece è considerato pressoché universalmente un buffone. Non è semplicemente una questione di stile. Il profondo sessismo e la misoginia sono entrambi specchio di una società in cui le donne hanno pochissimo potere, e l'Italia è agli ultimi posti quanto a presenza delle donne in politica e nella forza lavoro. (...)
Berlusconi ha cambiato la legge elettorale italiana, contro la volontà degli italiani espressa in un referendum, per tornare ad un sistema proporzionale imponendo il potere quasi assoluto dei segretari di partito sui candidati al Parlamento. Non era solo la maniera perfetta per perpetuare il sistema delle "caste" in Italia, ma dava a Berlusconi la facoltà di mettere in Parlamento chi volesse, riducendo il ruolo del parlamentare a quello di un mero dipendente. Il risultato è una Deborah Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi cacciata dalla Rai perché nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche eseguiva gli ordini del suo ex capo. La punizione? Una liquidazione di più di 350.000 euro e un seggio in Parlamento. L' Italia è in teoria una democrazia parlamentare, ma sotto Berlusconi il Parlamento è stato svuotato di ogni reale significato. Non è che un timbro di gomma per avallare le decisioni del capo. (...)
Questa totale confusione tra pubblico e privato rispecchia la visione berlusconiana dello "stato patrimoniale", come lo definì Giuliano Ferrara, in cui tutto e tutti appartengono a Berlusconi. Ai tempi di Luigi XIV, non c'era distinzione tra pubblico e privato. La corte assisteva nella stanza da letto del re alla vestizione e a molte funzioni corporali del sovrano. Ma il motto di Luigi XIV "L'etat c'est moi" era in realtà un passo avanti rispetto all'anarchia feudale e implicava pur sempre un concetto di Stato. Quello di Berlusconi è ancor più primitivo, più vicino alla frase "E' tutta roba mia". Ragione di più perché le intercettazioni siano pubblicate e analizzate in tutte le loro implicazioni. Chi decide quali nastri siano 'irrilevanti' e meramente personali quando il meramente personale e il politico sono inesorabilmente interconnessi?

venerdì 11 luglio 2008

No Cav


E' incredibile. Siamo ormai così abituati a non essere liberi, tanta è la libertà di cui ci hanno privati poco alla volta, un pezzettino al giorno, che ormai nessuno si indigna se qualcuno non è più libero di esprimere la sua opinione, il suo diritto di critica e anche di satira nei confronti di chicchessia. E dunque Grillo che critica Napolitano perché sta per firmare una legge, il Lodo Alfano, che di fatto rende quattro alte cariche dello Stato cittadini di serie A, intoccabili e impunibili - a prescindere dal fatto che il lodo serva solo alla carica più bassa - e che un Pertini o uno Scalfaro avrebbe stracciato dopo due minuti, "attacca", "insulta", così come Sabina Guzzanti, il cui pezzo SATIRICO, perché di satira si parla, è stato carico di energia, arte, a tratti sboccato ma stupendo, per i giornali ha "vilipeso" un ministro e "insultato" il Papa. Chiaramente, nessun rilievo sul fatto che in Piazza Navona c'erano migliaia di persone, che per la prima volta si sono "incontrate" le piazze del Pd, della Sinistra, dei girotondi e dei grillini, che tutti i sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è contraria al lodo Alfano. Niente.
Cosa avranno mai detto Grillo e la Guzzanti? Grillo, a parte la frase su Napolitano che in ogni caso rientra nel diritto di critica, ha parlato per dieci minuti di quelli che sono i veri problemi dell'Italia, dal precariato all'economia, dall'energia all'ambiente. Sabina si è invece indignata per la nomina di Mara Carfagna a ministro delle Pari Opportunità, scelta discutibile specie alla luce delle ultime insistenti voci sui "rapporti orali" - il quotidiano argentino Clarìn, che ha dato la notizia, li ha chiamati più onestamente "pompini" - dell'ex valletta con l'attuale premier, ed ha detto ad alta voce in una piazza stracolma quello che molti pensano, alcuni dicono, in troppi tacciono: che la presunta censura del Papa alla Sapienza fu una montatura dei media e che non c'è nessun motivo per cui Ratzinger dovrebbe inaugurare l'anno accademico delle nostre università. Stop.
Insulto? Vilipendio? Attacco gratuito? No, libertà di pensiero, di opinione. Di Travaglio, meglio non parlare, dato che soprattutto da sinistra è stato accusato anche lui di aver attaccato il capo dello Stato, altra colossale stronzata. Veltroni è andato da Mentana, su una televisione del capo del Governo, a dire a Di Pietro che deve scegliere tra stare con Grillo e Travaglio (e con molti elettori, per la verità) e stare con il Partito Democratico, "in un percorso razionale e riformista" che personalmente fatico a scorgere. Molti blogger-militanti del Pd, caduti dal pero per l'occasione, si indignano anche loro verso questo Di Pietro che non mantiene le promesse della campagna elettorale, solo perché non ha formato il gruppo unico, ma è stato il Pd a non volerlo, il gruppo unico, o no?; per il resto, mi risulta che le promesse elettorali di Di Pietro siano state tutte mantenute. Aveva detto che avrebbe fatto un'opposizione dura a questo regime vergognoso, e opposizione dura sta facendo. Per questo lo abbiamo votato. E taccia chi, da ignorante bifolco e cieco, diceva che io e quelli come me hanno votato per Di Pietro solo perché era alleato con il Pd e si poteva vincere: il Pd non poteva vincere. Prima di tutto, perché non si è accorto per niente che l'ondata di "antipolitica", che altro non è che delusione verso una certa categoria di "politici" (nel senso di uomini, di nomi), doveva essere cavalcata per guadagnare voti. Si doveva ascoltare Grillo, si doveva ascoltare Travaglio, si dovevano ascoltare i ragazzi dei Meetup. Se si chiudono occhi e orecchie e si punta solo sulla presenza a Matrix e Porta a Porta - dove peraltro si blatera della "sinistra che deve tornare a radicarsi sul territorio, che deve ascoltare la base", senza poi farlo - il nostro destino è e resterà quello di essere all'opposizione.
In conclusione, comunque, la cosa più divertente degli ultimi tre mesi è il fatto che, di fronte alle prime quattro o cinque vergogne del nuovo governo Berlusconi - le impronte ai bambini Rom, la legge salva Rete4, il lodo Alfano, la bloccaprocessi, il reato di clandestinità - tutti i cosiddetti intellettuali di sinistra, da Sansonetti a Polito passando per le "menti" del Pd, hanno intonato puntualmente "chi se ne frega" delle impronte, "chi se ne frega" di Rete4 e via dicendo, perché "le priorità del Paese sono altre", sono "le famiglie che non arrivano a fine mese". E allora permettiamo a questo governo di fare tutto, di tapparci la bocca, di mandarci la polizia o l'esercito in casa, per lo più senza combattere seriamente la criminalità, senza rimuovere un grammo di spazzatura campana e senza rilanciare il lavoro e l'economia. Quando saremo ufficialmente nel Terzo Mondo, i Polito e i Sansonetti potranno tranquillamente emigrare dove vorranno, dall'alto dei loro stipendi milionari e dei loro salotti altolocati. Dov'è finita la sinistra?
Eppure all'interno del Pd qualcuno, peraltro del gruppo dirigente, che dice cose sensate c'è ancora. Spero solo che la razionalità del partito che dovrebbe racchiudere la sinistra italiana non si fermi a Mario Adinolfi. Giovani, svegliatevi.

domenica 29 giugno 2008

Assolta


In un post di qualche settimana fa, da inguaribile pessimista, avevo scritto che Clementina Forleo era stata definitivamente cacciata dal Tribunale di Milano. In realtà, fortunatamente, qualche giorno fa è arrivata la sua assoluzione davanti alla sezione disciplinare del Csm, presieduta da Nicola Mancino. Le accuse di cui doveva rispondere erano legate al provvedimento con cui, il 20 luglio dello scorso anno, la Forleo aveva richiesto alle Camere l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni di alcuni parlamentari - D'Alema, Latorre e altri - nell'ambito delle inchieste sulle scalate bancarie. Per il Pg della Cassazione il gip di Milano aveva usato "accenti suggestivi e denigratori" in un "abnorme e non richiesto giudizio anticipato" quando definì i politici in questione "consapevoli complici di un disegno criminoso". Il Csm, dopo due ore di camera di consiglio, l'ha assolta, perchè "il fatto non costituisce illecito disciplinare".
E' dunque finito, almeno si spera, il calvario della giudice di origine brindisina, la cui professionalità e sanità mentale sono state messe in discussione ripetutamente negli ultimi due anni, da quando, appunto, si è ritrovata ad avere a che fare con le inchieste sulle scalate bancarie. "Avere fiducia nella giustizia prima o poi paga", ha dichiarato sorridente, facendo gli auguri anche al collega Luigi De Magistris, vittima come lei di un massacro mediatico dopo le sue inchieste trasversali sui legami tra imprenditoria, magistratura, criminalità e politica.
Ciò che colpisce è la tranquillità con cui la Forleo è stata assolta ora che al governo c'è il centrodestra, dopo la ferocia e la violenza con cui, quando al governo c'era il centrosinistra, veniva tacciata persino di essere pazza. E' facile ricordare le polemiche seguite alla sua partecipazione ad Annozero. Chissà se non abbiamo trovato un lato positivo nella vittoria di Berlusconi alle scorse elezioni: alla luce degli ultimi avvenimenti, l'ironia è d'obbligo.

domenica 22 giugno 2008

Parola

Ci siamo. Se fino a qualche mese fa, in campagna elettorale, i problemi più gravi dell'Italia erano "le famiglie che non arrivano alla fine del mese", "i rifiuti di Napoli" e "la sicurezza", ora le cose stanno cambiando. I veri problemi sono diventati i reati più recenti, quelli post 2002. Tra gli ante 2002, guarda caso, c'è anche una certa corruzione giudiziaria, 600mila dollari versati ad un certo avvocato, David Mills, già ideatore dell'architettura all'estero della tesoreria «parallela» della Fininvest nonché testimone pro Berlusconi in vari processi. Il Financial Times, che probabilmente si informa in televisione, dà ragione al premier perché i giudici in Italia sono politicizzati; chiaramente il Tg1 riprende subito l'articolo, per dare autorevolezza alle gesta del noto statista. Peccato che nessuno abbia finora raccontato nulla del processo, del come è nato, delle prove schiaccianti e non, della tesi dell'accusa e della difesa dell'imputato. Solo grandi sproloqui sulla necessità di "dare la priorità ai processi per i reati più gravi e più recenti", come se la gravità fosse direttamente proporzionale alla freschezza temporale.
Ma nel parlare di ciò, ho già dato. E' evidente che, ora che è passata questa ennesima vergogna, passerà anche il lodo-scudo-spaziale per le cinque alte cariche (specialmente la più bassa), dopo di che Berlusconi, alla fine del suo mandato, si farà eleggere al Quirinale e il processo Mills, e con lui tutti gli altri processi in cui è ancora imputato - incredibile ma vero, ce ne sono sempre di nuovi - andranno definitivamente a monte. Nel parlare dell'atteggiamento del Pd, ho già dato: le ultime memorabili avventure di Parisi, Franceschini, Fioroni e compagnia bella che anziché ascoltare i loro elettori continuano a scannarsi sono emblematiche. La Sinistra poi, dopo essere sparita dal Parlamento, è sparita anche dalla televisione, per motivi misteriosi ma nemmeno tanto. La Lega, famosa forza anti-casta, conferma ancora il suo predicare bene e razzolare maluccio (cosa diranno gli elettori della Lega del sostegno alle varie leggi salvapremier? sempre se lo verranno a sapere...). Ciò su cui vorrei invece sbilanciarmi, è una manciata di notizione prese a caso sui giornali degli ultimi giorni, notizione veramente imperdibili per l'opinione pubblica.
1 - Belen Rodriguez ha dichiarato che se il suo fidanzato Borriello gioca un quarto d'ora e segna, sarà pronta a spogliarsi. Un po' come se Selen dicesse "se piove a gennaio, faccio un film porno".
2 - Berlusconi chiede al vescovo di Tempio Pausania di cambiare le regole, in modo che anche i divorziati come lui possano tornare a fare la comunione. A parte che lui la comunione dopo il divorzio l'ha fatta eccome - ai funerali di Craxi - probabilmente si è accorto che l'unica cosa che gli manca, dopo aver salvato Rete4 ed essersi liberato dei suoi guai giudiziari, è proprio la comunione. Non si accontenta mai.
3 - Sempre Berlusconi, qualche giorno fa ha comprato dei coltelli telefonando al centralino di una televendita.
4 - 5 anni di carcere ad una femminista in Iran (si prepara la guerra?).
5 - Carla Bruni si sente francese e di sinistra.

lunedì 16 giugno 2008

Governo ombra, opposizione fantasma


Finalmente! Dopo circa due mesi di governo e un paio di emendamentini nascosti qua e là e poi ritirati - quello sul patteggiamento e quello per salvare Rete4 - finalmente il nostro premier esce allo scoperto e tira fuori, per mano dei due appositi soldatini Vizzini e Berselli, un bell'emendamento al decreto sicurezza che bloccherà il processo Mills, in cui Berlusconi è accusato di corruzione giudiziaria. Secondo il Capo, si tratta di "un provvedimento di legge a favore di tutta la collettività e che consentirà di offrire ai cittadini una risposta forte per i reati più gravi e più recenti", come se i reati più gravi fossero anche i più recenti, e bisogna approvarlo assolutamente perché il processo Mills è "l'ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici, in ciò supportato da un tribunale anch'esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria". Da come ne parla, sembra quasi che sia sicuro di essere condannato.
Ma non è mica finita qui: oltre all'emendamento che blocca i processi, abbiamo anche il Lodo Schifani-bis, quello che bloccava i processi alle alte cariche dello Stato, già dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte e ora rispolverato in pompa magna. Qualcuno, dalla parte dell'opposizione, ha già ricordato al premier che quel lodo era incostituzionale, e che se proprio vuole ripresentarlo, dovrà farlo come legge costituzionale. Veltroni, caduto dal pero per l'occasione, si è detto "stupito" per le ultime mosse del governo (Rete4, intercettazioni, lodo ammazzaprocessi, deliri leghisti sull'Europa) ed ha addirittura minacciato di interrompere il dialogo. Casini si è detto invece dispiaciuto del fatto che ora, per colpa di questa piccola magagna del premier, non si potrà che "rompere quel clima di collaborazione istituzionale che si era ben avviato tra maggioranza e opposizione".
Che peccato. Io non so dove abbia vissuto il signor Veltroni negli anni dal 2001 al 2006, come non so se lo stesso sappia che le reti Mediaset sono di proprietà di Berlusconi e non di Confalonieri, come non so se sappia che "il principale esponente dello schieramento politico a noi avverso" è implicato in un paio di processi nei quali rischia di venire condannato durante il suo governo, fatto che renderebbe l'Italia ancora più ridicola di quanto non sia già. Ma so benissimo una cosa, e cioè che i suoi elettori, chi ha votato Pd come chi ha votato Italia dei Valori, sapevano chi è Berlusconi, e per questo non lo hanno votato. Ci si può scannare finchè si vuole sulle ragioni politiche o sociali di una sconfitta - anzi, di più sconfitte dato che la destra continua a vincere in tutte le amministrative - ma se Veltroni e i suoi non si rendono conto, come sta facendo invece Di Pietro, che Berlusconi pensa solo ai suoi interessi e che con lui non si può dialogare, non solo si getterà l'Italia definitivamente nel cesso, ma si manderà anche Bellachioma al Quirinale. E sui libri di storia. Opportunamente revisionati.

venerdì 13 giugno 2008

Addio intercettazioni


Il video qui sopra è un esempio di scuola dell'importanza del tema del conflitto di interessi nell'informazione televisiva. In uno spezzone di meno di dieci minuti, in totale sprezzo della dignità della gente, si fa disinformazione pura, mettendo insieme un'accozzaglia di luoghi comuni, leggende metropolitane, accuse gravi e bugie vere e proprie. Si parla delle parole di Napolitano come di una direttrice da seguire nello sviluppare il ddl sulle intercettazioni, ma il capo dello Stato ha solo detto che su un tema delicato come questo servirebbero larghe intese, non ha detto che il ddl va bene e che l'opposizione deve adeguarsi.
Quanto al Pd, è discutibile la posizione di Veltroni che afferma che le intercettazioni non devono finire sui giornali - ma se non fossero finite sui giornali ora Moggi sarebbe al suo posto, e con lui Fazio e altri furbetti - ma Fede non può dire che "anche il Pd è d'accordo su questo disegno di legge". Così come non si può dire che le utenze intercettate sono 124mila, e quindi anche i cittadini intercettati sono 124mila, perché non è vero (ogni mafioso o spacciatore intercettato ha almeno 5 o 6 utenze, in più si intercettano anche i parenti, le utenze di casa, ecc.). Così come non si può dire che i costi delle intercettazioni sono un terzo dei totali costi della giustizia, perché non è vero. Quella che Fede chiama "mortificazione della vita privata delle persone" non è altro che un'opera di lecchinaggio esagerata nei confronti del suo padrone e dei suoi amici.
Ciò che più indigna però non è nè il Tg4 che fa il suo mestiere, dall'alto delle sue frequenze abusive, nè il ddl stesso, che Berlusconi aveva già preannunciato in campagna elettorale. Ciò che più indigna è l'Ordine dei giornalisti. Ciò che più indigna è l'Authority per le Comunicazioni. Dove sono queste autorità, sempre pronte a censurare Santoro e Travaglio quando dicono qualche verità e sempre addormentate davanti ad un giornalismo mafioso e disonesto come quello del "fido" Emilio?

sabato 7 giugno 2008

La Sinistra che non è di sinistra

Pubblico un articolo di Marco Travaglio su l'Unità di qualche giorno fa, solo perché avrei voluto scriverlo io. Prima o poi ci arriveremo.

Edmondo Berselli osserva su Repubblica che «negli ultimi giorni si è assistito a un fenomeno straordinario di conformismo verso il nuovo potere... turiboli d'incenso sparsi per celebrare la liturgia del grande ritorno», ennesimo sintomo dell'«ineffa­bile amore di buona parte delle élite italiane per qualsiasi potere, purché forte e spregiudicato», che «riversa sul centrodestra un'onda di consenso aprioristico, non condizionato dalla verifica dei risultati attesi. Un consenso "a prescindere"». Berselli ce l'ha con la non-opposizione del Pd (i «diversamente concordi», Ellekappa). Ma poi, mentre il Pd si oppone un pochino alla legge salva-Rete4, ecco un editoriale di Liberazione dal titolo: «Ma chi se ne frega di Rete4». È il solito benaltrismo dei compagnucci della parrocchietta, non a caso recentemente estinti. Per loro il problema è sempre un altro. Non è il monopolio berlusconiano delle tv, cioè della non-informazione, dell'immaginario colletti­vo, del senso comune, della scala dei valori e soprattutto dei disvalori degl'italiani. Ma, com'è noto, è il modello di sviluppo, la globalizzazione, e naturalmente il Chiapas.
Credo, anzi temo che chi sostiene questa bizzarra tesi non sia un venduto: temo sia in buona fede. Chi si dedica con passione agli ultimi, ai temi dei salari, del precariato, dell'ambien­te, della pace, della laicità, dei diritti civili, dell'antifascismo non ha ancora compreso che su questi fronti l'Italia non farà mai un solo passo avanti proprio perché questi temi - salvo qualche rara oasi di libertà - non appaiono mai in tv, dunque non diventano centrali nel dibattito politico e culturale, dunque «non esisto­no». Chi lamenta la scomparsa della classe operaia dalle tv e dunque dai giornali e dalla politica dimentica che è frutto del monopolio tv, dei 6-7 palinsesti tutti uguali, della mancanza di pluralismo e di libero mercato.
La battaglia per spedire Rete4 su satellite e trasferirne le frequenze a Europa7 non è un dispetto a Berlusconi o a Fede. E neppure, solo, una battaglia di legalità per rispondere a due sentenze della Consulta, a una della Corte di giustizia europea e a due procedure d'infrazione dell'Ue (che, fra l'altro, ci costerebbero multe salatissime). È soprattutto una battaglia per aprire il mercato tv a un nuovo soggetto. Che non solo ha il sacrosanto diritto di praticare il suo business. Ma porterebbe pure un grande beneficio a tutto il Paese. Se i governi di destra e sinistra dal 1999 a oggi avessero fatto il proprio dovere, assegnando a Europa7 le frequenze necessarie per esercitare la concessione regolarmente vinta (e persa da Rete4), da nove anni i cittadini potrebbero scegliere col telecomando un'emittente in più, oltre alle solite e sempre più simili Rai, Mediaset e La7.
Non so che editore sia Francesco Di Stefano, perché nessuno gli ha mai dato modo di mettersi in gioco. Ma se non è proprio un fesso autolesionista immagino che avrebbe messo in piedi una tv radicalmente alternativa a quelle esistenti. Per pescare anzitutto nel serbatoio di quei 30 milioni che oggi tengono il televisore spento. Il suo interesse economico l’avrebbe spinto a dare al pubblico di Europa7 ciò che Rai, Mediaset e La7, legate a filo doppio alla politica, non possono o non vogliono dare. Non avrebbe faticato a inventare un palinsesto e a trovare chi lo realizzasse: avrebbe ingaggiato Biagi, Santoro, Luttazzi, Guzzanti, Fini, Beha, Freccero e altri grandi professionisti più o meno noti, banditi per anni (e, in buona parte, oggi). Se non l’avesse fatto, avrebbe condannato la sua tv al più cocente fallimento. E sarebbe scomparso dalla scena, liberando le frequenze per qualcun altro più capace di lui. Se invece l’avesse fatto, avrebbe intercettato una gran voglia di informazione, di satira, di spettacolo diversi da quelli che siamo abituati a subire. E avrebbe rubato pubblico e pubblicità ai monopolisti di sempre.
Naturalmente è proprio quest’eventualità che terrorizza il partito azienda e il sistema dei partiti, di destra ma anche di una bella fetta del centrosinistra. Ed è per questo che non l’hanno mai lasciato nemmeno provare, riuscendo persino a oscurare lo scandalo Europa7. Così che, nel 2008, qualche compagnuccio mitridatizzato dalla propaganda del monopolio sbuffasse in prima pagina: «Chi se ne frega di Rete4». Missione compiuta.

giovedì 22 maggio 2008

Doppia furbata

Come ha giustamente rilevato Umberto De Giovannangeli sull'Unità due giorni fa, ripreso da Marco Travaglio su Voglio Scendere, questo governo è in carica da pochi giorni ma quanto a crisi diplomatiche si sta già portando avanti con il lavoro. Prima la storiella delle regole d'ingaggio dei militari in Libano e in Afghanistan, poi la Libia che non voleva Calderoli ministro dopo la sua leggendaria performance in t-shirt antiislamica, ora la Spagna che ci accusa di xenofobia. C'è tanto di cui parlare insomma.
Nel frattempo però Veltroni e il Partito Democratico, "per il bene del Paese", dialogano con il centrodestra, vanno a pranzo con il centrodestra, abbracciano e baciano il centrodestra, girano a braccetto con il centrodestra. E il centrodestra cosa fa? Ringrazia, e "per il bene del Paese" tira fuori due bei provvedimenti ad personam. Uno firmato Niccolò Ghedini, onorevole avvocato di Berlusconi, che propone di sospendere i processi per due anni nel caso gli imputati volessero prendere in considerazione il patteggiamento; poi i due anni diventano due mesi, infine l'emendamento sparisce. Unico eroe che urla allo scandalo: Antonio Di Pietro. La seconda furbata è invece targata Paolo Romani, berlusconiano di ferro e sottosegretario con delega alle Comunicazioni, argomento caro al premier; l'emendamento Romani aggira la sentenza della Corte di Giustizia Europea e salva ancora Rete4. Come per miracolo, forse fulminati sulla via di Montecitorio, i vertici del Pd si sono ricordati di essere opposizione, e si sono opposti, facendo addirittura ostruzionismo. E così i giornali berlusconiani - primo tra tutti "Il Giornale" gongolano, dicendo che finalmente Pd e Idv hanno trovato un motivo per andare d'accordo: il "comune cavallo di battaglia del conflitto di interessi".
Proprio per difendere la sentenza europea e i diritti di Europa7 e contro il conflitto di interessi, l'Italia dei Valori ha organizzato un sit-in in Piazza Montecitorio, questa mattina alle 11. Peccato che la stessa idea fosse venuta anche ai promotori di una manifestazione contro l'aborto. Le foto, ovviamente scattate dal sottoscritto, sono a dir poco emblematiche.

lunedì 19 maggio 2008

Passaparola

Da domani, il blog di Beppe Grillo ospiterà ogni lunedì alle 14 una rubrica, Passaparola, di Marco Travaglio. Chiunque potrà trasmetterla sul proprio blog - ecco le istruzioni - a patto che abbia più lettori del mio (non che sia difficile).

passaparola

mercoledì 14 maggio 2008

Scoop!

Si è parlato tanto di Marco Travaglio come di un disonesto e insincero cronista, con il vizietto della malalingua e i legami pericolosi (con un "golpista" come Di Pietro), con velleità da pubblico ministero e smanie forcaiole. Eppure è di poche ore fa la notizia delle dimissioni di Simone Luerti dalla carica di presidente dell'Anm, il sindacato dei magistrati, in seguito alla notizia, riportata dall'Espresso, di un suo incontro a fine 2006 con Clemente Mastella e Antonio Saladino, proprio nel mezzo della bufera giudiziaria (l'inchiesta "Why not") che coinvolse questi ultimi. In quei giorni l'Anm tentennava - se si vuole usare un eufemismo - nel difendere l'operato del pm Luigi De Magistris, il cui trasferimento andò in porto nell'indifferenza dei più. Adesso viene fuori che il nome del presidente Luerti era nell'agenda di Saladino, e gli stessi interessati confermano l'incontro, seppur con qualche reticenza (a quanto pare per entrambi Saladino era lì per caso).
Di chi è lo scoop? Per Repubblica è dell'Espresso, senza specificare il nome del giornalista; su Corriere, Stampa e Giornale si fa riferimento a "recenti articoli di stampa che hanno riportato informazioni incomplete e non approfondite" - parole identiche per tutti e tre, in inglese si dice "copy and paste" - Libero invece soprassiede. Il cittadino non informato dunque, dopo aver visitato i siti web di ben cinque quotidiani, si fa l'idea che ci siano stati i soliti giornalisti impiccioni che hanno inventato tutto, rompendo le uova nel paniere di chi invece è onestissimo, così onesto che aveva detto di non vedere più Saladino da quasi dieci anni.
In realtà lo scoop non è uno scoop. Gli atti dell'inchiesta "Why not" sono pubblici ed aperti a qualsiasi giornalista curioso di saperne di più e non in attesa che le "news" gli cadano in testa mentre fuma il sigaro davanti alla sua scrivania. L'unico che ha avuto la brillante idea di fare il suo mestiere è stato proprio Marco Travaglio, che ha pubblicato la notizia nella sua rubrica "Signornò": ma parlare bene di Travaglio non si può, specie da quando è così antipatico al potere. Perciò di lui si parla solo quando fa comodo, per demonizzarlo, per farne un mostro, come Grillo, come De Magistris, come Clementina Forleo (definitivamente cacciata da Milano proprio qualche giorno fa).

Televisione di Regime

Si è alzato un gran polverone, nei giorni scorsi, sul cosiddetto "caso Travaglio", anche se, come abbiamo visto anche in passato con i casi Forleo e De Magistris, definirlo caso Travaglio dà l'impressione che ci sia interesse a distogliere l'attenzione dal problema. Se infatti il caso Forleo avrebbe dovuto essere "caso Unipol" e il caso De Magistris "caso Mastella" o "caso Calabria", l'intervista di Travaglio a Che tempo che fa di domenica sera e le polemiche ad essa seguite meritavano di essere ricordate quantomeno come "caso Schifani".
Travaglio ha infatti notato con quale giubilo i giornali e le televisioni italiane hanno accolto l'elezione alla seconda carica dello Stato dell'ex capogruppo al Senato di Forza Italia, senza ricordare il suo passato "scomodo"; Schifani ha infatti sul groppone un paio di amicizie sconsiderate - per dirla con D'Avanzo - Benny D'Agostino e Nino Mandalà, suoi ex soci in affari nella Sicilia Brokers, e con cui mantenne rapporti almeno fino alla metà degli anni '90. D'Agostino e Mandalà sono stati poi arrestati e condannati per mafia nel 1998, ma anche se è difficile credere che mafiosi lo siano diventati solo dopo il 1996, in un paese normale chi arriva a presiedere la Camera alta del Parlamento dovrebbe spiegare queste liaisons dangereuses, se non ai giornalisti, almeno agli elettori.
La gogna ha invece travolto colui che ha sollevato il problema, per la ormai vecchia e stolta abitudine italiana di guardare il dito anzichè la luna. Travaglio è stato accusato di linciaggio, di vilipendio, di aver insultato sulla tv pubblica e "senza contraddittorio" (a ridaje) la seconda carica dello Stato; Fazio, che lo ospitava, è stato costretto a scusarsi in diretta e a dissociarsi dalle parole del suo intervistato. Gli affondi più duri però non sono arrivati dal centrodestra (gli attacchi di un Gasparri o di un Landolfi lasciano il tempo che trovano), ma da due personaggi di rilievo del Partito Democratico - Luciano Violante e Anna Finocchiaro, quest'ultima reduce dal disastro alle regionali in Sicilia - i cui elettori stanno probabilmente iniziando a chiedersi quale fosse il mandato elettorale del Pd e se nello stesso fosse compresa la difesa della libertà di stampa e di opinione.
Chiaramente, alle sterili polemiche derivanti dal riassestamento della tv pubblica con il nuovo governo appena nominato non siamo così disabituati; ciò che colpisce ancora una volta è l'intoccabilità della televisione. Come sette anni fa con Luttazzi, ancora una volta si alza un polverone assurdo per un fatto già ampiamente trattato da libri e giornali (I complici di Lirio Abbate e Peter Gomez, Se li conosci li eviti dello stesso Gomez e Marco Travaglio, gli articoli di Travaglio su l'Unità), solo perchè certi argomenti devono necessariamente essere banditi dalla televisione generalista. Ma se sette anni fa certi mazzolamenti censorei erano un minimo contrastati dall'opposizione, adesso avvengono nel più totale ed assordante silenzio.

lunedì 5 maggio 2008

Polemica sterile ma parecchio divertente

Non per essere ripetitivo, ma sono tornato (ma questa è l'ultima volta, giuro) sul blog di Paolo Liguori per porre gentilmente un quesito ai frequentatori abituali - che non sono più di 10 ma che arrivano a lasciare fino a 1000 commenti a post - per la precisione lo stesso quesito che mi ponevo un paio di giorni fa: che cos'è il contraddittorio? E' forse vedere qualcuno che insulta un giornalista che parla urlandogli "pezzo di merda" e "testa di cazzo"? Chiaramente, le risposte alla mia domanda sono state perlopiù prive di senso. Riporto le più esilaranti:
  • "In un paese normale chi paga le tasse è tranquillo, qui anche se sai di essere a posto ogni volta che c’è un condono il commercialista ti dice paga che nn si sa mai. I comuni rossi che danno gli appalti alle coop rosse nn sono un conflitto di interessi? Deve essere un paese normale solo per ciò che fa comodo alla sinistra?" (e che c'entra la mia domanda sul contraddittorio con tutto ciò?)
  • "Travaglio si lamenta tanto dell’Italia,cosa ci sta a fare? Santoro dice che in Italia non c’è libertà? e la sua trasmissione cos’è? RAI3 cos’è? Repubblica cos’è? mi sembra che ad ogni cosa ci sia un limite e che questo limite lo ricordi Sgarbi la dice lunga" (un concetto di libertà alquanto strano);
  • "Santoro, oltre che essere un gran pezzo di puppù, è quella sottospecie di serpe umana, infima e skifosaa che leva la parola a ki non la pensa come lui. E quando dico “non la pensa come lui” si intende che “non è di sinistra” come lui. E’ una merdaccia umana, che meriterebbe di essere radiato dall’ordine dei giornalisti e bannato dalla TV pubblica che egli usa per strumentalizzare le menti sottosviluppate di ki li va dietro" (senza parole);
  • "nel tuo sito ti definisci : schierato, fazioso, incazzato e convinto che , come dice il grande Giorgio Gaber, “libertà è partecipazione”. E bravo il nostro dottore in “scienza della comunicazione” (un’altro!). Giorgio Gaber è l’emblema dell’antifaziosità. Tant’è vero che le testine di siluro della sinistra si sono lambiccate il cervello per lustri cercando di capire da che parte stesse Giorgio Gaber.Per le testine di siluro era inconcepibile che un’artista non appartenesse alla loro parrocchia. La frase “libertà è partecipazione” non significa per forza schierarsi a sinistra o a destra" (a parte che i miei studi e le mie ambizioni sono affar mio, e a parte che si può dormire la notte anche senza schierarsi a destra o a sinistra, questa avventurosa disamina delle parole di Gaber mi sembra un po' troppo avventurosa).

Ovviamente avevo risposto a tono sul blog a questi commentini (ce n'erano anche altri, i più curiosi potranno leggerli qui), ma il signor Liguori o chi per lui ha pensato bene di tenere la mia risposta in ghiaccio non pubblicandola: questa sì che è libertà di opinione. Ma stia pure tranquillo, signor Liguori: non si disturbi a bloccare i commenti sgraditi, tanto il suo blog non lo guarda nessuno.

domenica 4 maggio 2008

Censura legalizzata

A quanto risulta dai coloriti commenti presenti in vari siti di simpatizzanti del centrodestra, primo fra tutti il blog di Paolo Liguori, la presenza di giovedì sera ad Annozero di Vittorio Sgarbi e i suoi ripetuti insulti a Marco Travaglio, Roberto Natale e Norma Rangeri sono molto piaciuti. Citando qualche attento e disinteressato lettore, infatti, Travaglio sarebbe "sbiancato" in volto perché non abituato al "contraddittorio", e bene avrebbe fatto Sgarbi a dare del bugiardo a lui e a Michele Santoro. Per la verità, pur essendo riuscito a vedere solo le poche scene incriminate e non tutta la trasmissione, l'evidenza dei fatti mi suggerisce di evidenziare le continue e volgari interruzioni di Sgarbi mentre Travaglio riportava due verità, ovvero che Enzo Biagi è stato cacciato dalla Rai per ordine di Berlusconi e che tutti i giornali usufruiscono dei finanziamenti pubblici, compreso Il Giornale su cui scrive lo stesso Sgarbi.
Ma più che sugli insulti e sulle parolacce del presunto critico d'arte, che tra l'altro hanno fatto impennare gli ascolti della trasmissione - anche se dubito che ai telespettatori sia piaciuta più di tanto la penosa scena - vorrei soffermarmi su due punti cruciali. Il primo è il monito del presidente Rai Petruccioli, secondo il quale Santoro avrebbe confuso "la libertà del giornalista e la responsabilità del conduttore con l'appalto, di fatto, della Tv Pubblica a Terzi che ne fanno un uso arbitrario e indecente"; in particolare, Petruccioli si è scagliato contro gli "insulti inconcepibili e privi di qualunque giustificazione di Grillo al Presidente della Repubblica, oltrechè ad una personalità universalmente stimata come il Professor Umberto Veronesi". Nessun commento invece sugli insulti di Sgarbi agli altri giornalisti presenti: perché? E perché nessuna presa di posizione in difesa del più grande giornalista italiano, Enzo Biagi, che secondo Sgarbi ha lasciato la Rai perché non gli andava bene un orario diverso e preferì intascare la liquidazione?
Il secondo punto riguarda invece il senso comune che ha acquistato il termine "contraddittorio"; secondo la definizione di Wikipedia, "il principio del contraddittorio esprime la garanzia di giustizia secondo la quale nessuno può subire gli effetti di una sentenza, senza avere avuto la possibilità di essere parte del processo da cui la stessa proviene, ossia senza aver avuto la possibilità di un'effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento giurisdizionale". Negli ultimi anni, il contraddittorio è diventato una specie di ossessione nella televisione italiana: tutto cominciò quando Daniele Luttazzi intervistò proprio Marco Travaglio durante il suo programma Satyricon, intervista in cui il giornalista raccontava alcuni fatti che erano stati accertati dai magistrati di Palermo sull'origine delle fortune di Silvio Berlusconi, fatti che aveva raccolto in un libro, L'odore dei soldi. Luttazzi fu accusato, e con lui la Rai, di aver fatto opera di linciaggio di quello che era il futuro premier, intervistando Travaglio "senza contraddittorio". Anche a Sabina Guzzanti, quando il suo programma Raiot fu chiuso dopo una sola puntata, venne rimproverata l'"assenza di contraddittorio". Anche Report, dopo una celebre puntata su mafia e politica, cadde nell'accusa di mancato contraddittorio, mentre a Blu Notte di Lucarelli fu impedito di andare in onda durante la campagna elettorale perché la puntata in questione parlava della mafia e mancava il contraddittorio. Infine, anche Annozero viene sistematicamente tacciato di fare giornalismo fazioso senza contraddittorio. Ora, qualcuno sarebbe capace di spiegarmi che cos'è, questo benedetto contraddittorio? Significa forse che quando un giornalista dice un fatto vero, deve essercene un altro che riequilibra la situazione dicendo una balla? Significa che mentre parla Travaglio, deve esserci uno Sgarbi pronto ad interromperlo chiamandolo "pezzo di merda"?

lunedì 28 aprile 2008

Dovere di servizio

I video qui sotto raffigurano l'intervento di Marco Travaglio al Vday di tre giorni fa, in piazza San Carlo a Torino, evento a cui hanno partecipato milioni di persone in tutta Italia e nel mondo (un milione e mezzo circa di firme raccolte complessivamente per i tre referendum, a detta di Beppe Grillo). Di cosa parla Travaglio? Tra le altre cose, della fantomatica emergenza sicurezza di cui si parla a reti unificate da qualche settimana (di troppo), guarda caso in concomitanza con la campagna elettorale delle elezioni amministrative al comune di Roma, in cui Alemanno ha puntato tutto proprio sul tema sicurezza. Il risultato è stato esaltante: quasi il 54% dei romani ha votato per Alemanno, trombando l'ex vicepremier Rutelli.
Eppure solo tre anni fa proprio Alemanno prese una batosta memorabile da Veltroni, che vinse a mani basse annientando Forza Italia. Tecnologia del consenso? Potere della televisione? Secondo me sì. Per altri, forse, no. Ma di fronte ad un cambio di rotta così netto, pensateci bene quando qualcuno vi dice che le televisioni non contano niente: o non ci capisce nulla, o vi sta prendendo per il culo.



giovedì 24 aprile 2008

L'obsolescenza dei valori condivisi


Sessantatre anni. Domani si festeggiano sessantatre anni dalla liberazione dell'Italia dal nazifascismo, eppure succede qualcosa di strano. Quattordici anni fa, all'indomani della prima vittoria di Berlusconi alle elezioni e della prima volta al governo dei postfascisti (allora Msi), iniziò a farsi strada un certo imbarazzo riguardo la Resistenza, l'antifascismo, i valori condivisi, tra chi non aveva mai rinnegato il fascismo e anzi lo rimpiangeva. Adesso non c'è nemmeno più l'imbarazzo: ad Alghero viene vietata Bella ciao, il sindaco di Milano Letizia Moratti non partecipa ai festeggiamenti (rispondendo con un po di ritardo ad Enzo Biagi che qualche anno fa si chiedeva se la vera Moratti fosse colei che accompagnava il padre ex partigiano in carrozzina o colei che sfilava per la sicurezza tra le bandiere di Fiamma Tricolore e Forza Nuova), il centrodestra tutto si astiene dal festeggiare. Insomma, dopo quattordici anni di cura Berlusconi, anche il 25 aprile è diventato una festa di parte.
Chiaramente i maggiori giornali, anzichè dare il giusto risalto al fatto che il nostro è l'unico paese europeo in cui l'antifascismo è un valore di parte (e nemmeno della maggior parte), si scatenano sul V-day atto II di Beppe Grillo, inventando una fantomatica rivalità tra l'iniziativa del comico genovese e i festeggiamenti per la Liberazione. C'è voluto un apposito post di Grillo per chiarire che "i partigiani, gli operai, gli uomini liberi del 25 aprile sono nostri fratelli"; guarda caso, la raccolta di firme promossa dal "V2day" riguarda tre referendum per abolire l'Ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico all'editoria e la legge Gasparri.
Da quando Grillo ha iniziato a parlare di questa sua intenzione - o meglio, dai primi suoi attacchi a giornali e televisioni - proprio giornali e televisioni hanno boicottato lui, i suoi seguaci e le sue iniziative, parlandone con lo stesso rispetto con cui si parla di un delinquente qualsiasi, e dimostrando con i fatti ciò che Grillo (ma non solo lui) denuncia da anni (precisamente da quando un certo editore ha iniziato a fare politica), ovvero la totale assenza di libertà di stampa dovuta ad interferenze da parte di ambienti politici, economici e finanziari.
Personalmente, pur sostenendo l'iniziativa, dubito che possa dare i frutti sperati. Innanzitutto perché un eventuale referendum vedrebbe la maggioranza di governo (e almeno tre televisioni) fermamente schierata per l'astensione. Quand'anche avesse successo, poi, al governo ci sarebbe comunque Berlusconi, che difficilmente si farebbe portar via da sotto il naso il suo strapotere mediatico. L'unica soluzione sarebbe sperare, ma dopo aver visto i numeri con cui ha vinto le elezioni dieci giorni fa, c'è ancora qualcuno che ha una speranza? Nel caso ci fosse, si faccia vivo.

martedì 15 aprile 2008

si salvi chi può

Chiavi di lettura delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008:
  • la Sinistra italiana è morta e sepolta;
  • Veltroni sperava di attirare i delusi del centrodestra e invece ha attirato solo una parte dei delusi del centrosinistra (vedi sopra);
  • agli italiani non interessano il conflitto d'interessi, la lotta alla mafia e la libertà di stampa;
  • nella politica italiana le bugie pagano (e bene);
  • l'antipolitica si esprime quasi totalmente nella Lega.

Ad ogni modo, per Veltroni e il Partito Democratico è stata una batosta.

venerdì 11 aprile 2008

Dichiarazione di voto

Siamo ormai a tre giorni dalle elezioni. La campagna elettorale è stata atipica, strana, con quindici candidati premier, partiti che si lamentavano del poco spazio in televisione (anche Berlusconi), fairplay a corrente alternata, antiberlusconismo moribondo e - soprattutto - bugie su bugie.
Ciò che colpisce di questa classe politica non è tanto l'inefficienza o la disonestà, alle quali siamo abituati ormai dagli anni di Tangentopoli, quanto la totale assenza di dignità, di decenza, che porta alcuni politici a ripetere concetti già espressi mille volte o a negare decisioni o dichiarazioni del passato. La presa di posizione di Beppe Grillo - il non voto è l'unico voto utile - unita all'originaria insofferenza di una parte della popolazione, porterà probabilmente ad un astensionismo molto elevato, la cui utilità mi lascia fondamentalmente perplesso, considerato il fatto che le elezioni servono per decidere chi dovrà andare a governare l'Italia, e dire "chissenefrega" è un atteggiamento alquanto rischioso davanti ad uno come Berlusconi.
Sono passati due anni dalle ultime elezioni, dalla fine dei cinque anni di disastri, delle elezioni europee e amministrative stravinte sistematicamente dal centrosinistra, delle epurazioni censorie, dallo spaventoso calo di consensi di Forza Italia, eppure Prodi è già tornato a Bologna e le previsioni vedono ancora il Cavaliere futuro premier. Non abbiamo davvero imparato niente? Cos'è successo di così grave in questi due anni per giustificare la "nostalgia" di Tremonti, Calderoli e Castelli?

In primo luogo, l'indulto, senza dubbio la mossa più masochistica che un governo appena eletto e con una maggioranza risicata potesse fare: un provvedimento peraltro viziato da un inciucio insopportabile con Forza Italia, per comprendere anche i reati dei colletti bianchi (e far uscire Previti di galera). In secondo luogo, la miriade di promesse elettorali (il famoso programma dell'Unione) fatte e non mantenute, dall'abrogazione delle leggi vergogna alle riforme del conflitto d'interessi e del sistema radiotelevisivo; tutto è rimasto intatto, grazie a Mastella e ad alcuni centristi che hanno ricattato Prodi per due anni interi. E allora dove nasce questa fantomatica "antipolitica", se non proprio in quell'elettorato di centrosinistra che aveva portato Prodi alla vittoria sperando che riuscisse davvero a cancellare le vergogne fatte dal centrodestra, e restando per l'ennesima volta deluso dalla litigiosità della coalzione? La gente che va in piazza con Grillo, che seguirà il suo consiglio di non votare, è per la maggior parte gente di centrosinistra.

Personalmente, ci sono un paio di cose che fatico a comprendere da qualche settimana a questa parte. La prima, il fatto che da quando è iniziata la campagna elettorale Walter Veltroni, il sindaco pluripremiato e superelogiato per il "modello Roma", all'improvviso sia diventato, agli occhi di qualcuno, uguale a Berlusconi; la strategia Veltrusconi, quella di premere sul pericolo inciucio tra Pd e Pdl nella quale ci sono cascati un po' tutti, da Bertinotti a Beppe Grillo, da chi è partita se non da Berlusconi medesimo, già ai tempi del dialogo sulla legge elettorale?
Di Berlusconi, poi (e qui arriviamo al secondo punto), fatico a comprendere le ultime uscite. Posto che tirare fuori Mangano facendo l'elogio dell'omertà serve ad attirare i voti mafiosi, che bisogno c'era di ritirare fuori la storia dei comunisti, dei brogli, della falsa laurea di Di Pietro, del "criminoso" Santoro e dei giudici da sottoporre ad esami mentali (Licio Gelli docet)? E che bisogno c'era di delirare di fantasiose cordate di famiglia per Alitalia in nome dell'"italianità"? Tra l'altro l'italianità è un mostro che viene a galla ogni volta che ci sono loschi interessi politici in gioco: dovremmo imparare a diffidare di questo termine.

In ogni caso, anche se il voto dovrebbe essere uno strumento con cui esprimere une preferenza per il candidato o il partito che si sente più vicino alle proprie idee, devo prendere atto che candidati e partiti vicini a me non ce ne sono. Ciò non toglie però che tra gli incapaci e (a volte) disonesti e i disonesti pericolosi, la scelta cade logicamente sui primi; forza Uòlter dunque, anche se avevo promesso a me stesso, dopo aver votato Ulivo due anni fa, che una simile stronzata non l'avrei mai più fatta. Cavillo alla mia promessa, la mia croce di grafite andrà sull'Italia dei Valori di Di Pietro, di cui si può dire tutto ma non che non sia una persona onesta, seria e per bene. Dato che non possiamo avere politici di livello, votarne uno onesto serve a farci essere un po' meno pessimisti.

martedì 1 aprile 2008

Non ci siamo per niente



Ci risiamo. A sei anni di distanza dall'ultimo "editto bulgaro", Berlusconi torna ad attaccare Santoro ed Annozero, affermando che il giornalista "continua impunemente a fare un uso criminoso della tv pubblica". C'è da scommettere che, in caso di ritorno al governo del cosiddetto Cavaliere, Santoro sparirà nuovamente dagli schermi come qualche anno fa, negli stessi giorni in cui peraltro la Corte dei Conti ha recapitato un “invito a dedurre” ai dirigenti Agostino Saccà (all'epoca dg) e ad Antonio Marano (direttore di Raidue) sul mancato impiego, nel periodo dal 2002 al 2005 dello stesso Santoro e di Sandro Ruotolo.

Il fatto più preoccupante non è però l'ennesimo diktat neofascista, specie in questa campagna elettorale in cui Berlusconi ci ha abituati a continue dichiarazioni insensate, dal caso Alitalia a Ciarrapico, dal "voto utile" agli attacchi al Quirinale, dalla sterile polemica con Prodi sull'Expo 2015 agli insulti gratuiti a Di Pietro. Ciò che preoccupa è invece il silenzio dei suoi avversari, Veltroni compreso; se infatti nel 2002 la reazione del centrosinistra fu veemente (almeno a parole) nel difendere la libertà di opinione e nel criticare il conflitto di interessi, stavolta un assordante silenzio si è abbattuto su Annozero.
Anzi, ci ha pensato il Partito Socialista (occhio al portafogli) a rincarare la dose, definendo Santoro "campione di faziosità che in ben 74 puntate e in quasi tre anni, è riuscito a non invitare mai Enrico Boselli". Intanto, le puntate di Annozero sono state finora 49, e in meno di due anni dato che il ritorno in Rai di Santoro è datato 14 settembre 2006. In secondo luogo, forse sarebbe stato più appropriato prendersela con i telegiornali, o con Vespa, o con le reti Mediaset piuttosto con una trasmissione che va in onda per due ore alla settimana. Ma la frustrazione derivante dall'essere stati scaricati da Veltroni e dalla consapevolezza di non avere idee nè elettori può giocare brutti scherzi.

sabato 1 marzo 2008

Un caso umano


Ripensando solo a qualche mese fa viene da sorridere a pensare che Clemente Mastella era ministro della Giustizia, che si dava da fare con successo per far trasferire magistrati che indagavano su di lui o sui suoi colleghi politici e che teneva costantemente sotto ricatto Prodi minacciando ogni giorno di far cadere il governo, ora per un motivo ora per un altro. Prima l'indulto, poi la riforma Castelli confermata pressochè totalmente, infine la "solidarietà" dopo l'arresto della sua signora Sandra Lonardo, che qualche giorno fa tra l'altro ha cacciato un assessore dall'assemblea regionale perché indossava un maglione anzichè giacca e cravatta, "togliendo credibilità e dignità alle istituzioni" (non come lei che è indagata per associazione a delinquere ed è ancora lì).
Dopo le dimissioni da ministro e la caduta del governo Prodi, Mastella si offriva un po' a tutti e ad un certo punto sembrava che potesse entrare nel Popolo delle Libertà; ad uno dei primi comizi (trasmesso integralmente su Rete4) Berlusconi prese addirittura le sue difese davanti a chi gli urlava "Mastella non lo vogliamo", dicendo con fermezza che "Mastella va ringraziato perché se non fosse stato per lui Prodi sarebbe ancora al governo". Nel frattempo, mentre Tabacci spegneva ogni velleità di alleanza tra Udeur e Rosa Bianca ("Mastella ha un problema con l'elettorato, dato che non si vota solo a Ceppaloni"), Casini respingeva al mittente l'appello di Clemente ("io e Mastella abbiamo storie diverse") e la signora Lonardo rispondeva garbatamente ad una giornalista del Tg3 "se mi candido o no non lo vengo certo a dire a te", Berlusconi gli chiudeva definitivamente la porta in faccia: "Non c'è sincronia tra l'immagine rappresentata da un certo modo di rappresentare la politica e quello che è il sentimento del Popolo delle libertà". Parole pesanti.
Insomma, ora che le alleanze sono definite e che non lo vuole nessuno, Clementino fa la voce grossa ("Noi andremo per la nostra strada, da soli in tutta Italia. Non facciamo alcuna elemosina, spero solo che gli italiani non scelgano Berlusconi come premier"), ma anche all'interno del suo partito la scelta sembra non convincere. Che alla fine resti da solo con i suoi familiari e i suoi amici più intimi?
Sicuramente è l'ipotesi più plausibile...

venerdì 15 febbraio 2008

Toni variabili


La parola d'ordine della campagna elettorale appena cominciata è "abbassare i toni", nel nome di un confronto sereno e corretto tra le parti e della fine dell'epoca degli scontri. Concetto condivisibile in pieno, se non fosse per qualche incoerenza di troppo, sia nel comportamento di alcuni protagonisti, sia nella sua effettiva applicabilità. Sarebbe immaginabile negli Stati Uniti una campagna elettorale in cui un candidato alla presidenza, prima delle Primarie come prima delle elezioni vere e proprie, rinunci in partenza ad attaccare il suo avversario per dimostrare di essere migliore? Sarebbe immaginabile un confronto tra Hillary Clinton e Tarack Obama in cui i due non si accusano a vicenda? E' anche vero che, nel confronto in questione, ad esempio, Hillary accusò Obama "di aver ricevuto sovvenzioni per la sua campagna elettorale da un personaggio accusato di frode", mentre Obama replicò definendo la sua rivale "avvocato aziendale che siede nel consiglio di amministrazione di Wal-Mart": bombe atomiche in un paese in cui l'integrità morale di coloro che vogliono fare politica è una cosa seria. In Spagna è bufera intorno ad un presunto fuorionda di Zapatero, che dopo un'intervista confessava ad un giornalista di voler alzare la tensione della campagna elettorale, "se no la gente..."; l'opposizione del Pp lo accusa di non rispettare i cittadini, mentre il premier si difende dicendo che la "tensione che ci conviene" è quella che si ottiene "mobilitando e spiegando agli elettori socialisti la posta in gioco" il 9 marzo.
Intanto, in Italia, dopo anni di "scontro" in salsa anticomunista, prima si parla di toni bassi, poi Berlusconi va a Porta a porta e racconta che "il comunismo è stato il fallimento più grande del XX secolo", che "la sinistra vuole abolire la moneta come voleva Stalin" e che "Veltroni si pone come uomo nuovo ma fa politica da 30 anni, iniziando nel Pci". Tremonti a Ballarò invece rimprovera a Franceschini di aver alzato troppo i toni con l'aggettivo "conservatore", quando quest'ultimo parlava del neonato Pdl come di un partito, appunto, di destra e conservatore. In effetti siamo un paese molto strano, per cui forse dovremmo smetterla di confrontarci con le altre nazioni europee: nel resto del mondo infatti ciò che succede da noi sarebbe impensabile, in tantissimi campi, dall'informazione televisiva allo smaltimento dei rifiuti, dai pregiudicati in Parlamento alle ingerenze del Vaticano, dallo scandalo Telecom allo scontro politica-magistratura.
Come andranno queste elezioni dunque? I sondaggi danno per favorito Berlusconi, e non poteva essere altrimenti, data la scarsità di azione del governo Prodi lacerato dalle divisioni interne e dall'aumento della pressione fiscale, necessaria ma impopolare; il Cavaliere sta cavalcando proprio questo tema, oltre a quello della "non novità" di Veltroni, e ad un occhio obiettivo sembra destinato alla vittoria. Ma Veltroni crede nella rimonta, contando su un partito "nuovo" e su temi importanti e forse anche sul voto dell'"antipolitica" o di una parte di essa, garantito con l'alleanza con l'Italia dei Valori: basterà? Comunque vada a finire, si spera in un miglioramento.

lunedì 11 febbraio 2008

Par condicio?


Proprio cinque minuti dopo che Enrico Mentana, a Parla con me intervistato da Serena Dandini, aveva finito di dire che a suo avviso le televisioni non sono poi così importanti per creare il consenso, su Rete 4 andava in onda, montato ad hoc, il comizio di sabato di Silvio Berlusconi, interrotto ogni due minuti da scroscianti applausi, che è riuscito a dire financo che "la politica è un teatrino, anzi un baraccone, torneremo al governo per scalzare i parrucconi e terminare le cose buone che abbiamo fatto nei nostri cinque anni di esecutivo" (una promessa o una minaccia?); il memorabile (e abusivo, dato che Rete4 trasmette fuorilegge da qualche anno) discorso è terminato con una standing ovation alla frase "se non ci fosse stato Mastella il signor Prodi sarebbe ancora al governo, la riconoscenza è un nostro valore anche in politica" e con un preoccupante braccio destro teso.
Sempre sulle reti Mediaset, Studio Aperto delle 12.30 parlava, nella parentesi politica, di Diliberto che criticava Veltroni, mentre a destra nessun accenno alla dipartita di Casini e a quella probabile di Storace, frizzi e lazzi invece per il nuovo "Popolo della libertà". Un paio di settimane fa il pubblico di Buona Domenica, tra un dibattito scientifico e l'altro, regalava applausi a profusione alla prima diapositiva del Cavaliere e dispensava fischi all'immagine di Romano Prodi, mentre la direzione de Le Iene censurava un'intervista di Alessandro Sortino a Elio Mastella (in vista di un'alleanza?).
Ora, con tutto il rispetto che si può avere per uno che da giovanissimo è stato vicedirettore del Tg2 (grazie a Craxi?) e che dopo pochi anni prese in mano il Tg5 facendolo diventare il secondo Tg italiano, perché Mentana, se le televisioni non contano o contano poco, Berlusconi continua a tenersele strette? E perché Mentana, lei fu mandato via dal Tg5 e rimpiazzato da Carlo Rossella, che garantiva evidentemente una direzione molto più filoberlusconiana? E perché Fede sermoneggia ogni sera mostrando 365 metodi diversi all'anno di sesso orale, in barba a fior di sentenze che condannavano Rete4 ad andare sul satellite? E perché Biagi, Santoro e Luttazzi furono cacciati via a calci dalla tv su richiesta del Trapiantato nonostante ascolti altissimi?
Evidentemente perché la tv nella costruzione del consenso conta, eccome se conta.

sabato 9 febbraio 2008

Seconda o Terza?


Cosa sta succedendo? E' davvero la fine della Seconda Repubblica? Intanto, c'è da dubitare che sia mai finita la Prima, data la corruzione che regna sovrana nel nostro paese (parola della Corte dei Conti). Se a sinistra si vede finalmente un po' di rinnovamento, con la sinistra unita e il Partito Democratico che correranno da soli, a destra il panorama è sempre più o meno lo stesso, anche se Berlusconi si è inventato il Partito del Popolo, o Popolo della Libertà, un listone in cui entreranno, oltre al Cavaliere e Fini, probabilmente anche Mastella, Rotondi, Dini e persino Storace e la Santanchè. Una specie di Cdl rimpicciolita, con la Lega "federata dall'esterno": e meno male che fino ad un paio di mesi fa "la Cdl era un ectoplasma, come si può essere alleati con chi ci ha fatto perdere le elezioni nel '96?" (Berlusconi) e che "il Pdl è un'operazione di marketing" (Fini).
E Casini che farà? Si staccherà e andrà da solo, magari con Tabacci e Pezzotta, o tornerà all'ovile berlusconiano per l'ennesima volta (dopo tutto, avere tre canali tv che parlano bene di te non è male...)? Cambiando sponda, la fine della Sinistra italiana è alle porte: con la scelta di Veltroni di andare alle elezioni da solo, e con Bertinotti candidato premier (non certo un segno di cambiamento, si poteva puntare su Vendola), sarà un miracolo se si arriverà al 5%. Ultimo punto, si può parlare finchè si vuole, ma Veltroni ha innescato un terremoto in tutto il panorama politico: vedremo come andrà a finire.

lunedì 28 gennaio 2008

domenica 27 gennaio 2008

Qualcuno si svegli dal torpore


Pronostico per le prossime elezioni: Forza Italia 35%, Alleanza Nazionale 15%, Udc 8%, Lega Nord 5% (totale 63%); Partito Democratico 25%, La Sinistra-l'Arcobaleno 7%, Italia dei Valori 3% (totale 35%). Berlusconi presidente del Consiglio. Legge sulle intercettazioni, libertà di stampa e di opinione calpestata, conti pubblici in bancarotta, Rai rasa al suolo, esercito italiano in Kosovo e in Afghanistan, magistratura in mano alla politica, Italia nel Terzo Mondo.
Non è demonizzazione nè antiberlusconismo. E' semplicemente lungimiranza. Come scacciare queste prospettive poco rosee? Andando a votare. Solo questo ci è rimasto.

Lei si mette davanti al suo piccolo schermo di 21 pollici e sbraita parlando di America, e di democrazia. Ma non esiste l'America, e non esiste la democrazia.
(da Quinto potere, di Sidney Lumet)

Macerata 1817 - Gli insorti antipapalini affiggono sui muri questo proclama:
"Quando l'altissimo Iddio vuole punire i popoli,
li consegna al governo degli imbecilli"

Ci si chiede:
Quando la misericordia di Dio ci fu propizia?
Quando mai noi italiani abbiamo meritato la misericordia divina?

mercoledì 23 gennaio 2008

De Pro(di)fundis


Era solo questione di tempo. Dopo quasi venti mesi di governo Prodi e dopo innumerevoli smarcamenti, gruppi misti, proclami, ricatti, polemiche, trasformismi e prese di posizione, alla fine è stato Mastella a porre la parola fine all'esperienza dell'Unione. E non per divergenze fondamentali, come potrebbero essere le posizioni sul Papa, sulle coppie di fatto o sulla laicità che tanto dividevano e dividono questa coalizione, ma per la mancata "solidarietà" nei suoi confronti dopo le dimissioni da ministro della Giustizia, o per il rifiuto di alcuni esponenti del Pd di andare a sostenerlo a Porta a porta, o per gli attacchi ricevuti da Di Pietro. Insomma, come direbbe Alessandro Sortino, "diamo un nome alle cose": una questione personale.
Parlando, o straparlando, da elettore del centrosinistra, seppur atipico, non posso dire di non aver previsto qualcosa del genere; dai primi mesi di governo abbiamo sentito Mastella e altri presunti "centristi" attaccare gli altri partiti, smarcarsi dal programma elettorale, rifiutare di approvare riforme fondamentali che erano state promesse agli elettori, prime tra tutti quelle sul sistema radiotelevisivo e sul conflitto d'interessi. Abbiamo visto Dini fondare un partito di ultrasettantenni con ben tre esponenti e proporre a Prodi un programma in dodici punti, non si sa bene in nome di quale mandato elettorale. Abbiamo visto Fisichella prendere le distanze più volte da un governo "troppo di sinistra". Abbiamo visto Pallaro ricattare continuamente la maggioranza in cambio di voti favorevoli. Per cui non possiamo scandalizzarci di fronte ad un Mastella che si tira fuori, specie se consideriamo che l'esperienza dell'ex ministro in politica, salvo clamorosi stravolgimenti, è al capolinea, dopo tutte le figuracce (e i problemi con la giustizia) rimediate.
Ciò che ci si dovrebbe aspettare in questo momento da questa coalizione è una scelta di buon senso, ovvero mettere fine, una volta per tutte, ad ogni divisione e ad ogni frammentazione partitica, mettere fine all'eterogeneità dell'Unione e pensare in primo luogo all'affidabilità dei suoi esponenti. Perché non si può più affidare un programma condiviso ai capricci di un Dini o di un Mastella. Lo capiranno? A volte pare che gli elettori siano più svegli e intelligenti degli eletti.

sabato 19 gennaio 2008

"Faccia da tonno"


Cossiga a SkyTg24 attacca Luca Palamara, segretario dell'Anm

Il video che ho inserito illustra alla perfezione l'atteggiamento con cui la politica affronta a muso duro la magistratura. Cossiga definisce l'Associazione Nazionale Magistrati un'"associazione a delinquere tra sovversiva e di stampo mafioso" sotto gli occhi increduli di Maria Latella e lo sguardo perplesso del segretario Palamara.

giovedì 17 gennaio 2008

Dimissioni. Per manifesta incapacità


Un paio d'anni fa non ci avrebbe creduto nessuno. Un governo di centrosinistra che, con il suo Ministro della Giustizia, attacca in maniera violenta, quasi con toni camorristici i magistrati in generale e coloro che indagano su di lui, sulla sua signora e sul suo partito in particolare, sarebbe stato impensabile. Ma se si considera che il Guardasigilli del governo Prodi si chiama Clemente Mastella, non ci si può sorprendere.
Due mesi fa le roventi inchieste di Luigi De Magistris sul presunto comitato d'affari "gestito" dall'imprenditore Antonio Saladino, l'iscrizione di Mastella nel registro degli indagati e la conseguente richiesta di trasferimento "d'urgenza" dello stesso De Magistris. Adesso una nuova inchiesta, stavolta da Santa Maria Capua Vetere. Anche senza voler entrare nel merito delle indagini e nell'opportunità di dare gli arresti domiciliari alla signora Lonardo in Mastella proprio nel giorno in cui il ministro doveva riferire in Parlamento sulla situazione della giustizia, ciò che sorprende è l'atteggiamento di molti leader del centrosinistra davanti alle sue dimissioni. Dopo un attacco violento come è stato quello di Mastella ai magistrati, ci si aspettava, se non dall'Udeur, almeno da Veltroni e dal Pd una presa di distanze, una difesa anche blanda del potere giudiziario così duramente attaccato negli ultimi anni. Invece si deve prendere atto che, sempre e comunque, gli unici che prendono le difese dei magistrati sono Di Pietro e i Comunisti Italiani.
E così chi pensava che con Castelli a via Arenula avessero proprio toccato il fondo, ora si sarà ricreduto, specie considerando che Prodi ha assunto l'interim e che aspetterà il ritorno di Mastella al Ministero. Chissà perché non mettere uno più capace. Chissà tra quante settimane, giorni o ore l'Udeur per ripicca farà cadere il governo. Chissà come saranno tutti soddisfatti quando sarà tornato Berlusconi. Chissà dove andremo a finire.

martedì 15 gennaio 2008

God save the Queen


Dalla Gran Bretagna spesso arrivano, verso l'Italia, sermoni durissimi, che ci mostrano quanti difetti abbiamo e quante cose sbagliamo. Ricordiamo tutti le varie copertine dell'Economist contro Berlusconi ("unfit to lead Italy") o le prime pagine dei tabloid dopo l'ufficializzazione dell'ingaggio, da parte della nazionale inglese, di Fabio Capello (raffiguranti il tecnico di Pieris in gessato con un mitra in mano sopra la scritta "the Godfather").
Questa volta però l'hanno fatta grossa. E' uscita infatti la traduzione inglese del bestseller Gomorra di Roberto Saviano (titolo inglese Gomorrah - Italy's Other Mafia), subito apprezzato dalla critica inglese: l'Economist lo ha definito "uno dei libri più avvincenti e scomodi mai scritti sul crimine organizzato", il Guardian ha dedicato all'autore (peraltro attualmente sotto scorta dopo le minacce ricevute dalla camorra) due pagine di intervista e il mafiologo inglese John Dickie lo ha accolto con entusiasmo ("l'Italia ha bisogno di eroi così"). Tutto bene, se non fosse che nella versione inglese del libro è stato sbianchettato qualche particolare delle infiltrazioni camorristiche in Gran Bretagna, in particolare il nome di Antonio La Torre, arrestato nel 2006 in Scozia ed estradato in Italia, che aveva preso la cittadinanza britannica e stava facendo di Aberdeen una roccaforte criminale. Perché la legge inglese è diversa da quella italiana (il reato di associazione mafiosa non esiste), perché La Torre è innocente fino a condanna definitiva, perché è meglio non avere grane.
Saviano, che ha accettato anche se controvoglia le richieste dell'editore McMillan, si è dichiarato giustamente "scandalizzato dalla legge inglese sulla diffamazione, che arriva a impedire di chiamare un boss della mafia per quello che è". Ma come, non erano gli inglesi che insegnavano la regola delle 5 W? E la prima di quelle 5 W non è forse il "who?", ovvero il "chi"?

lunedì 14 gennaio 2008

Leggi criminali e strategie mal riuscite



Di Berlusconi si può dire di tutto, ma non che non sia furbo. Ieri, con una sincerità inedita negli ultimi anni, ha sentenziato che "non si può dialogare con una maggioranza che vuole approvare una legge criminale come la Gentiloni sulle televisioni"; già in serata il suo portavoce Bonaiuti, di fronte alle flebili risposte del centrosinistra (e nemmeno tutto), aveva cercato di sminuire quanto aveva detto il suo capo, mentre stamattina egli stesso ha smentito di aver collegato il dialogo sulla legge elettorale con la riforma sulle tv. Per l'ennesima volta è stato frainteso.
Ieri il rifondarolo Folena si era dichiarato "sorpreso e dispiaciuto" dall'atteggiamento del Cavaliere. Ma come, sono anni che Berlusconi prende in giro tutti quanti e Folena è sorpreso e dispiaciuto? Poi rincara la dose: "uno statista è colui che per l'interesse generale, tanto più in una fase di riforma delle istituzioni, è capace di mettere da parte il proprio particolare". Ecco, c'è ancora qualcuno che considera Berlusconi uno statista, in grado di mettere da parte i propri interessi in nome dell'interesse generale. Gasparri, nel parlare della riforma Gentiloni, sentenzia che "è una pessima legge", memore di quella, splendida, che porta abusivamente il suo nome e che riuscì niente po' po' di meno che a salvare Rete4 e a lanciare nelle case degli italiani il Digitale Terrestre, ancora sconosciuto ai più. Veltroni, dal canto suo, parla ancora una lingua strana; ieri sbiascicava che "non si possono paragonare le due cose", oggi plaude alla rettifica del Cavaliere ed esulta per "la conferma della disponibilità a cercare una soluzione".
Alla fine dei conti il più estremista di tutto il Governo si è rivelato il buon vecchio Romano Prodi, che ha commentato così: "Berlusconi? Aspetto una sua nuova dichiarazione tra un paio d'ore". E' evidente che la sparata di Berlusconi non era fatta a casaccio; si è trattato di una delle strategie quotidiane per far litigare la maggioranza. Evidentemente a destra si aspettavano che ad un diktat del genere ci sarebbe stato uno scappellamento generale per accontentarlo, in nome del "bene del Paese"; ciò non è successo (anche se i partiti di sinistra avevano le idee più chiare di Udeur, Sdi e Pd, Gentiloni escluso), perciò la retromarcia è arrivata subito, nell'attesa di trovare un altro argomento per far cadere il governo, dato che il mercato di novembre dei senatori non è andato certo a buon fine (anzi).

venerdì 11 gennaio 2008

Emergenza tombale


Ormai succede di tutto. Negli ultimi mesi di campagna elettorale del 2001 i telegiornali delle reti Mediaset pullulavano di notizie di cronaca: sbarchi di clandestini, stupri, rapine, omicidi, emergenza criminalità in ogni edizione, tutto in silenzioso accordo con gli enormi poster "Città più sicure" della Cdl. In maggio il centrodestra vinse le elezioni, e la cronaca sparì; secondo l'Osservatorio di Pavia, le ore dedicate dai tg ai temi dell'insicurezza crollarono (per la criminalità organizzata "da oltre 16 ore a meno di 6").
Nell'ultimo anno e mezzo è stato un susseguirsi di emergenze, prima i rumeni, la sicurezza, ora la spazzatura; emergenze sulle prime pagine dei giornali, emergenze nei notiziari, "insicurezza dei cittadini". E il centrosinistra cosa fa? Nel sospetto che il senso di insicurezza sia dovuto all'informazione, Violante convoca i direttori dei tg e "apre un dibattito" sulla "percezione di insicurezza", dovuta al "sistema dell'informazione e della comunicazione, con particolare riguardo al modo in cui esso sceglie e presenta le notizie, nel formarsi e nel diffondersi di un'opinione condivisa sul grado di sicurezza di una comunità" mostrando chiaramente di volersi intromettere nell'operato dei notiziari.
Così si permette ad un Mimun qualsiasi, quello che tagliò l'audio di Berlusconi che dava del kapò nazista a Schulz, quello che cacciò Daniela Tagliafico dal Tg1 perché non allineata, quello che trasformò il primo telegiornale italiano in una Pravda berlusconiana, di urlare allo scandalo perché siamo in un paese in cui non c'è libertà di stampa. Succede anche questo, in Italia: è come se Goebbels si lamentasse della censura a Luttazzi. Non è bellissimo?