venerdì 15 febbraio 2008

Toni variabili


La parola d'ordine della campagna elettorale appena cominciata è "abbassare i toni", nel nome di un confronto sereno e corretto tra le parti e della fine dell'epoca degli scontri. Concetto condivisibile in pieno, se non fosse per qualche incoerenza di troppo, sia nel comportamento di alcuni protagonisti, sia nella sua effettiva applicabilità. Sarebbe immaginabile negli Stati Uniti una campagna elettorale in cui un candidato alla presidenza, prima delle Primarie come prima delle elezioni vere e proprie, rinunci in partenza ad attaccare il suo avversario per dimostrare di essere migliore? Sarebbe immaginabile un confronto tra Hillary Clinton e Tarack Obama in cui i due non si accusano a vicenda? E' anche vero che, nel confronto in questione, ad esempio, Hillary accusò Obama "di aver ricevuto sovvenzioni per la sua campagna elettorale da un personaggio accusato di frode", mentre Obama replicò definendo la sua rivale "avvocato aziendale che siede nel consiglio di amministrazione di Wal-Mart": bombe atomiche in un paese in cui l'integrità morale di coloro che vogliono fare politica è una cosa seria. In Spagna è bufera intorno ad un presunto fuorionda di Zapatero, che dopo un'intervista confessava ad un giornalista di voler alzare la tensione della campagna elettorale, "se no la gente..."; l'opposizione del Pp lo accusa di non rispettare i cittadini, mentre il premier si difende dicendo che la "tensione che ci conviene" è quella che si ottiene "mobilitando e spiegando agli elettori socialisti la posta in gioco" il 9 marzo.
Intanto, in Italia, dopo anni di "scontro" in salsa anticomunista, prima si parla di toni bassi, poi Berlusconi va a Porta a porta e racconta che "il comunismo è stato il fallimento più grande del XX secolo", che "la sinistra vuole abolire la moneta come voleva Stalin" e che "Veltroni si pone come uomo nuovo ma fa politica da 30 anni, iniziando nel Pci". Tremonti a Ballarò invece rimprovera a Franceschini di aver alzato troppo i toni con l'aggettivo "conservatore", quando quest'ultimo parlava del neonato Pdl come di un partito, appunto, di destra e conservatore. In effetti siamo un paese molto strano, per cui forse dovremmo smetterla di confrontarci con le altre nazioni europee: nel resto del mondo infatti ciò che succede da noi sarebbe impensabile, in tantissimi campi, dall'informazione televisiva allo smaltimento dei rifiuti, dai pregiudicati in Parlamento alle ingerenze del Vaticano, dallo scandalo Telecom allo scontro politica-magistratura.
Come andranno queste elezioni dunque? I sondaggi danno per favorito Berlusconi, e non poteva essere altrimenti, data la scarsità di azione del governo Prodi lacerato dalle divisioni interne e dall'aumento della pressione fiscale, necessaria ma impopolare; il Cavaliere sta cavalcando proprio questo tema, oltre a quello della "non novità" di Veltroni, e ad un occhio obiettivo sembra destinato alla vittoria. Ma Veltroni crede nella rimonta, contando su un partito "nuovo" e su temi importanti e forse anche sul voto dell'"antipolitica" o di una parte di essa, garantito con l'alleanza con l'Italia dei Valori: basterà? Comunque vada a finire, si spera in un miglioramento.

lunedì 11 febbraio 2008

Par condicio?


Proprio cinque minuti dopo che Enrico Mentana, a Parla con me intervistato da Serena Dandini, aveva finito di dire che a suo avviso le televisioni non sono poi così importanti per creare il consenso, su Rete 4 andava in onda, montato ad hoc, il comizio di sabato di Silvio Berlusconi, interrotto ogni due minuti da scroscianti applausi, che è riuscito a dire financo che "la politica è un teatrino, anzi un baraccone, torneremo al governo per scalzare i parrucconi e terminare le cose buone che abbiamo fatto nei nostri cinque anni di esecutivo" (una promessa o una minaccia?); il memorabile (e abusivo, dato che Rete4 trasmette fuorilegge da qualche anno) discorso è terminato con una standing ovation alla frase "se non ci fosse stato Mastella il signor Prodi sarebbe ancora al governo, la riconoscenza è un nostro valore anche in politica" e con un preoccupante braccio destro teso.
Sempre sulle reti Mediaset, Studio Aperto delle 12.30 parlava, nella parentesi politica, di Diliberto che criticava Veltroni, mentre a destra nessun accenno alla dipartita di Casini e a quella probabile di Storace, frizzi e lazzi invece per il nuovo "Popolo della libertà". Un paio di settimane fa il pubblico di Buona Domenica, tra un dibattito scientifico e l'altro, regalava applausi a profusione alla prima diapositiva del Cavaliere e dispensava fischi all'immagine di Romano Prodi, mentre la direzione de Le Iene censurava un'intervista di Alessandro Sortino a Elio Mastella (in vista di un'alleanza?).
Ora, con tutto il rispetto che si può avere per uno che da giovanissimo è stato vicedirettore del Tg2 (grazie a Craxi?) e che dopo pochi anni prese in mano il Tg5 facendolo diventare il secondo Tg italiano, perché Mentana, se le televisioni non contano o contano poco, Berlusconi continua a tenersele strette? E perché Mentana, lei fu mandato via dal Tg5 e rimpiazzato da Carlo Rossella, che garantiva evidentemente una direzione molto più filoberlusconiana? E perché Fede sermoneggia ogni sera mostrando 365 metodi diversi all'anno di sesso orale, in barba a fior di sentenze che condannavano Rete4 ad andare sul satellite? E perché Biagi, Santoro e Luttazzi furono cacciati via a calci dalla tv su richiesta del Trapiantato nonostante ascolti altissimi?
Evidentemente perché la tv nella costruzione del consenso conta, eccome se conta.

sabato 9 febbraio 2008

Seconda o Terza?


Cosa sta succedendo? E' davvero la fine della Seconda Repubblica? Intanto, c'è da dubitare che sia mai finita la Prima, data la corruzione che regna sovrana nel nostro paese (parola della Corte dei Conti). Se a sinistra si vede finalmente un po' di rinnovamento, con la sinistra unita e il Partito Democratico che correranno da soli, a destra il panorama è sempre più o meno lo stesso, anche se Berlusconi si è inventato il Partito del Popolo, o Popolo della Libertà, un listone in cui entreranno, oltre al Cavaliere e Fini, probabilmente anche Mastella, Rotondi, Dini e persino Storace e la Santanchè. Una specie di Cdl rimpicciolita, con la Lega "federata dall'esterno": e meno male che fino ad un paio di mesi fa "la Cdl era un ectoplasma, come si può essere alleati con chi ci ha fatto perdere le elezioni nel '96?" (Berlusconi) e che "il Pdl è un'operazione di marketing" (Fini).
E Casini che farà? Si staccherà e andrà da solo, magari con Tabacci e Pezzotta, o tornerà all'ovile berlusconiano per l'ennesima volta (dopo tutto, avere tre canali tv che parlano bene di te non è male...)? Cambiando sponda, la fine della Sinistra italiana è alle porte: con la scelta di Veltroni di andare alle elezioni da solo, e con Bertinotti candidato premier (non certo un segno di cambiamento, si poteva puntare su Vendola), sarà un miracolo se si arriverà al 5%. Ultimo punto, si può parlare finchè si vuole, ma Veltroni ha innescato un terremoto in tutto il panorama politico: vedremo come andrà a finire.