lunedì 14 gennaio 2008

Leggi criminali e strategie mal riuscite



Di Berlusconi si può dire di tutto, ma non che non sia furbo. Ieri, con una sincerità inedita negli ultimi anni, ha sentenziato che "non si può dialogare con una maggioranza che vuole approvare una legge criminale come la Gentiloni sulle televisioni"; già in serata il suo portavoce Bonaiuti, di fronte alle flebili risposte del centrosinistra (e nemmeno tutto), aveva cercato di sminuire quanto aveva detto il suo capo, mentre stamattina egli stesso ha smentito di aver collegato il dialogo sulla legge elettorale con la riforma sulle tv. Per l'ennesima volta è stato frainteso.
Ieri il rifondarolo Folena si era dichiarato "sorpreso e dispiaciuto" dall'atteggiamento del Cavaliere. Ma come, sono anni che Berlusconi prende in giro tutti quanti e Folena è sorpreso e dispiaciuto? Poi rincara la dose: "uno statista è colui che per l'interesse generale, tanto più in una fase di riforma delle istituzioni, è capace di mettere da parte il proprio particolare". Ecco, c'è ancora qualcuno che considera Berlusconi uno statista, in grado di mettere da parte i propri interessi in nome dell'interesse generale. Gasparri, nel parlare della riforma Gentiloni, sentenzia che "è una pessima legge", memore di quella, splendida, che porta abusivamente il suo nome e che riuscì niente po' po' di meno che a salvare Rete4 e a lanciare nelle case degli italiani il Digitale Terrestre, ancora sconosciuto ai più. Veltroni, dal canto suo, parla ancora una lingua strana; ieri sbiascicava che "non si possono paragonare le due cose", oggi plaude alla rettifica del Cavaliere ed esulta per "la conferma della disponibilità a cercare una soluzione".
Alla fine dei conti il più estremista di tutto il Governo si è rivelato il buon vecchio Romano Prodi, che ha commentato così: "Berlusconi? Aspetto una sua nuova dichiarazione tra un paio d'ore". E' evidente che la sparata di Berlusconi non era fatta a casaccio; si è trattato di una delle strategie quotidiane per far litigare la maggioranza. Evidentemente a destra si aspettavano che ad un diktat del genere ci sarebbe stato uno scappellamento generale per accontentarlo, in nome del "bene del Paese"; ciò non è successo (anche se i partiti di sinistra avevano le idee più chiare di Udeur, Sdi e Pd, Gentiloni escluso), perciò la retromarcia è arrivata subito, nell'attesa di trovare un altro argomento per far cadere il governo, dato che il mercato di novembre dei senatori non è andato certo a buon fine (anzi).

Nessun commento: