
E' imbarazzante dover seguire gli avvenimenti di questi giorni con il solito metro di giornali e telegiornali italiani. Solo qualche giorno fa, un presidente emerito della Repubblica italiana come Francesco Cossiga - che aveva peraltro già dato modo in passato di farci dubitare della sua sanità mentale - in un'intervista ha ricordato i bei tempi degli anni '70, quando da ministro dell'Interno mandava agenti provocatori tra gli studenti che manifestavano, per poi massacrarli tutti dopo averli lasciati liberi e felici a distruggere vetrine e palazzi. Giusto oggi - o ieri, è passata la mezzanotte - i suggerimenti di Cossiga si sono magicamente tramutati in realtà. Eccoli, gli agenti provocatori, in piazza Navona. Travestiti da studenti del Blocco Studentesco, coperti da caschi e passamontagna e con mazze avvolte da bandiere tricolori in mano. Fossimo ancora negli anni '20, questi buzzurri si chiamerebbero squadristi. Ora siamo nel 2008, e si chiamano estremisti di destra. Coloro che attaccati da un'infame violenza - una volta si sarebbero chiamati manifestanti inermi - cercano di difendersi utilizzando il primo oggetto che trovano davanti (in questo caso alcune sedie) si chiamano estremisti di sinistra. Allo stesso livello, sia chi arriva in piazza armato per picchiare, sia chi si difende. Nessuna distinzione.
Si voleva evidentemente arrivare a questo per screditare un movimento studentesco come non se ne erano mai visti. Quello del '68 era ideologizzato, e lottava anche contro i professori. Quello del '77 era violento e anch'esso politicizzato, e vide studenti ed operai sulla stessa linea, partorendo il terrorismo. Questo non è un movimento normale. Non ci sono violenti. Ci sono studenti di tutte le età, professori di tutte le scuole, non ci sono partiti (anche perché il Pd è lontano anni luce da questi ragazzi). Servivano, e servono gli episodi di violenza, come ha suggerito Cossiga, per poter giustificare la repressione che verrà, per queste proteste come per quelle che verranno.
Gli studenti sembrano decisi a continuare, ad oltranza. Ma arriverà, tra un giorno, una settimana, un mese, il momento in cui tutto arriverà alla fine. Uno studente, e poi un altro, e poi un altro ancora inizieranno a pensare che forse questa è una battaglia destinata ad essere persa, ed abbandoneranno il campo. O peggio, i loro genitori li convinceranno che forse non è il caso di prendersi una manganellata per qualcosa che non riusciranno mai a cambiare. Perché se Beppe Grillo ha come grido di battaglia "Loro non molleranno mai, noi neppure", la verità è che fino ad ora, gli unici a non mollare sono loro. Come stanno dimostrando con la politica dei decreti, che ha totalmente eroso l'utilità del Parlamento. Come stanno dimostrando con la Commissione di Vigilanza Rai, con Orlando che aspetta da mesi di essere eletto alla presidenza (ma qualcuno vuol scommettere che finché il candidato non cambia la Vigilanza resta senza presidente?). Come dimostreranno con la legge elettorale per le europee, in cui le preferenze verranno abolite in modo che Berlusconi possa mandare in Europa solo i suoi uomini più fidati.
Qualche giorno fa, nella redazione di Leggo si discuteva sulla pessima situazione di questo paese. Prima di Mani Pulite c'erano i ladri, che però almeno si preoccupavano di dare dell'Italia un'immagine internazionale decente. Ora c'è gente che stimola grasse risate ai nostri coetanei spagnoli, tedeschi, francesi. Un ministro che fino a cinque anni fa faceva i calendari senza veli. Più di venti parlamentari pregiudicati. Un presidente del consiglio che racconta le barzellette e cambia le leggi a suo uso e consumo per salvarsi dai processi. Un presidente del Senato ex socio di affari di alcuni mafiosi. Un presidente della Camera che va a tuffarsi in aree protette e con divieto di balneazione. Una compagnia di bandiera svenduta a quattro lire ad un gruppetto di amici del premier, con trattativa privata. Tutte le televisioni che cantano i successi del governo. Il premier che chiede agli industriali di non comprare più spot sul servizio pubblico "perché diffonde ansia e pessimismo", suggerendo invece di comprarli dalla concorrenza, che per puro caso è anche la sua azienda di famiglia. Un ministro dell'Istruzione che chiede di ripristinare la meritocrazia, sette anni dopo aver percorso 900 km per sostenere l'esame di avvocato in una sede dove venivano tutti promossi, anziché farlo nella sua provincia dove per essere promossi bisognava studiare.
Meglio non continuare. Per chi ha la mia età le consolazioni sono già poche per affogare definitivamente nell'eccessivo pessimismo. Personalmente, mi piace pensare di essere fortunato, perché tra molti anni potrò raccontare anch'io, come i miei nonni, di aver vissuto sotto una dittatura. Perché diciamocelo chiaramente, questa Italia in cui ci troviamo, come definirla se non una vera e propria dittatura?
Si voleva evidentemente arrivare a questo per screditare un movimento studentesco come non se ne erano mai visti. Quello del '68 era ideologizzato, e lottava anche contro i professori. Quello del '77 era violento e anch'esso politicizzato, e vide studenti ed operai sulla stessa linea, partorendo il terrorismo. Questo non è un movimento normale. Non ci sono violenti. Ci sono studenti di tutte le età, professori di tutte le scuole, non ci sono partiti (anche perché il Pd è lontano anni luce da questi ragazzi). Servivano, e servono gli episodi di violenza, come ha suggerito Cossiga, per poter giustificare la repressione che verrà, per queste proteste come per quelle che verranno.
Gli studenti sembrano decisi a continuare, ad oltranza. Ma arriverà, tra un giorno, una settimana, un mese, il momento in cui tutto arriverà alla fine. Uno studente, e poi un altro, e poi un altro ancora inizieranno a pensare che forse questa è una battaglia destinata ad essere persa, ed abbandoneranno il campo. O peggio, i loro genitori li convinceranno che forse non è il caso di prendersi una manganellata per qualcosa che non riusciranno mai a cambiare. Perché se Beppe Grillo ha come grido di battaglia "Loro non molleranno mai, noi neppure", la verità è che fino ad ora, gli unici a non mollare sono loro. Come stanno dimostrando con la politica dei decreti, che ha totalmente eroso l'utilità del Parlamento. Come stanno dimostrando con la Commissione di Vigilanza Rai, con Orlando che aspetta da mesi di essere eletto alla presidenza (ma qualcuno vuol scommettere che finché il candidato non cambia la Vigilanza resta senza presidente?). Come dimostreranno con la legge elettorale per le europee, in cui le preferenze verranno abolite in modo che Berlusconi possa mandare in Europa solo i suoi uomini più fidati.
Qualche giorno fa, nella redazione di Leggo si discuteva sulla pessima situazione di questo paese. Prima di Mani Pulite c'erano i ladri, che però almeno si preoccupavano di dare dell'Italia un'immagine internazionale decente. Ora c'è gente che stimola grasse risate ai nostri coetanei spagnoli, tedeschi, francesi. Un ministro che fino a cinque anni fa faceva i calendari senza veli. Più di venti parlamentari pregiudicati. Un presidente del consiglio che racconta le barzellette e cambia le leggi a suo uso e consumo per salvarsi dai processi. Un presidente del Senato ex socio di affari di alcuni mafiosi. Un presidente della Camera che va a tuffarsi in aree protette e con divieto di balneazione. Una compagnia di bandiera svenduta a quattro lire ad un gruppetto di amici del premier, con trattativa privata. Tutte le televisioni che cantano i successi del governo. Il premier che chiede agli industriali di non comprare più spot sul servizio pubblico "perché diffonde ansia e pessimismo", suggerendo invece di comprarli dalla concorrenza, che per puro caso è anche la sua azienda di famiglia. Un ministro dell'Istruzione che chiede di ripristinare la meritocrazia, sette anni dopo aver percorso 900 km per sostenere l'esame di avvocato in una sede dove venivano tutti promossi, anziché farlo nella sua provincia dove per essere promossi bisognava studiare.
Meglio non continuare. Per chi ha la mia età le consolazioni sono già poche per affogare definitivamente nell'eccessivo pessimismo. Personalmente, mi piace pensare di essere fortunato, perché tra molti anni potrò raccontare anch'io, come i miei nonni, di aver vissuto sotto una dittatura. Perché diciamocelo chiaramente, questa Italia in cui ci troviamo, come definirla se non una vera e propria dittatura?