
Alle politiche del 2001 non avevo ancora 18 anni, dunque non votavo. Il mio battesimo del fuoco, parlando di elezioni, è stato alle europee del 2004: votai Ds, votai Michele Santoro, che anche grazie al mio voto fu eletto e andò a Bruxelles, dove doveva lottare per la libertà di informazione e da dove poi si dimise per andare a Rockpolitik da Celentano, e infine per tornare in tv con Annozero. Nel 2005, alle regionali scelsi di votare solo il presidente, Vendola obviously, senza dare preferenze ad alcuno. Nel 2006 votai Ulivo, perché credevo in Prodi e in quello che doveva essere il suo governo, salvo restare delusissimo da gran parte dei suoi esponenti. Ed è stato per questo che, dalle politiche 2008 in avanti, ho scelto di votare Italia dei valori. Non, sia chiaro, perché ritenga che Di Pietro possa diventare premier o possa rifondare la sinistra - le sue idee non hanno nulla di sinistra, anche se il suo elettorato è fortemente antiberlusconiano: ma per essere berlusconiani non occorre essere di sinistra - ma perché tutti gli altri mi hanno talmente deluso che scelsi di votare per colui che urla più forte contro questa dittatura. E Di Pietro urla, fortissimo.
In altre parole, non ho mai votato per il Partito democratico. Come ho detto, a parte le politiche del 2006 - in cui votai Ulivo pentendomi - l'unica volta che ho votato per i Ds l'ho fatto solo per dare il mio voto a Santoro. Avrei voluto recarmi alle primarie dell'Unione del 2005 per votare Prodi, ma non ci andai. Avrei voluto recarmi alle primarie del Pd, quelle dell'incoronazione di Veltroni, ma non ci andai: e se ci fossi andato, avrei votato presumibilmente Rosy Bindi. Tutto ciò sta a dimostrare che io, con il Pd, c'entro poco. Ogni volta, poi, che qualcuno parla con me, non esito a spalare quantità industriali di merda sui dirigenti democratici, perché campioni di inciuci e di riciclaggio politico e soprattutto perché non hanno ancora capito che, se il Pd non ha un'identità politica ben precisa e se i suoi elettori lo stanno abbandonando, la colpa è per la maggior parte la loro: dei vari Fassino, D'Alema, Rutelli, Fioroni, Latorre. Interessati più alle poltrone e al potere che alla giustizia sociale o al benessere dei loro concittadini.
Eppure, se domani mattina decidessi di iscrivermi al Pd, cosa dovrei fare? Dovrei andare nel circolo della mia città - in questo caso, Ostuni - e i dirigenti del circolo dovrebbero decidere se rilasciarmi o no la tessera. In questo caso, anche per la presenza di mio cugino nel partito a livello locale, non ci sarebbero problemi e io diventerei un militante del Partito democratico. Eppure, io non ho mai votato per il Partito democratico, e detesto i suoi dirigenti. Se poi volessi, potrei anche candidarmi a segretario: mi basterebbe raccogliere le firme in qualche regione e presentare la mia candidatura entro una certa data. Se riuscissi a farlo, si candiderebbe a segretario del Pd una persona che per il Pd non ha mai votato, e che non ha nessuna stima dei suoi dirigenti. Voi direte: dove voglio andare a parare?
Il fatto che io - in quanto cittadino - possa fare una cosa del genere, ci sta nel meccanismo di un partito davvero democratico. Eppure negli ultimi giorni un comune cittadino ha scelto di mettersi in gioco e di correre per la carica come quinto candidato, dopo Franceschini, Bersani, Marino e Adinolfi. Questo comune cittadino ha presentato il suo programma, radicalmente diverso dai programmi degli altri (anche se, dei programmi degli altri, si sa poco o nulla), ha richiesto la tessera del partito ed ha iniziato a raccogliere le firme. Ma la tessera gli è stata negata. Il suo nome, come avrete capito, è Beppe Grillo.
Allora ci si dovrebbe chiedere: il Partito democratico è davvero democratico? Si può definire democratico un partito che nega la tessera ad un cittadino che non ha mai militato in nessun altro partito, che presenta un programma, che rispetta le regole per la candidatura? La tessera del Pd, negli ultimi anni, non si è negata a nessuno. Dai pregiudicati come Enzo Carra (condannato definitivo per falsa testimonianza durante Mani pulite) agli iperriciclati come Marco Follini (già segretario dell'Udc e vicepremier del governo Berlusconi III), dalle raccomandate di lusso come Marianna Madia (portata in Parlamento in quanto "amica di Enrico Letta", o ricordo male?) agli indagati per mafia come Vladimiro 'Mirello' Crisafulli (filmato dai Carabinieri a cena con il boss di Enna, mentre parlavano di appalti), per finire al presunto stupratore seriale di Roma. E questo dovrebbe essere il partito nuovo? Gli stupratori, i mafiosi, i voltagabbana e i raccomandati sì e Beppe Grillo no?
Se il Pd fosse stato un partito serio, avrebbe detto a Grillo: candidati, gareggia con gli altri aspiranti segretari, presenta il tuo programma, gli elettori delle primarie ti giudicheranno. Ma sappi che prima di tutto non tollereremo i tuoi soliti toni qualunquisti, e che se vinci dovrai ascoltare la voce di tutti e non decidere da solo, mentre se perdi dovrai lottare insieme a noi. Questo, avrebbe fatto un partito serio. Avrebbe accolto un cittadino e i suoi seguaci e avrebbe sfruttato quest'occasione per aprire gli occhi sulla società italiana, così lontana dai dirigenti del Pd. Ciò che è evidente, però, in tutta questa storia, è la contraddizione dello strumento delle primarie, contraddizione che era già venuta fuori in occasione delle elezioni che incoronarono Veltroni: finchè c'è un candidato forte e tanti candidati deboli senza idee, va bene; se però si presenta qualcuno con idee diverse, innovative, e soprattutto con serie possibilità di vincere, non va più bene. In quell'occasione, i trombati furono Furio Colombo e Antonio Di Pietro. Grillo aveva serie possibilità di diventare segretario del Pd, e facendolo avrebbe spazzato via l'eterna lotta Veltroni-D'Alema (stavolta travestiti da Franceschini e Bersani, senza nulla togliere all'onestà di questi due) che ha triturato e raso al suolo la sinistra italiana degli ultimi venti anni. Ciò dava fastidio alla nomenklatura, troppo fastidio.
Concludo chiarendo una cosa molto importante: il tema sul quale occorre concentrarsi non è tanto se Grillo avesse o no la statura politica per fare il segretario del secondo partito italiano. Non è se Grillo avesse un programma o no. Non è se Grillo potesse o no diventare membro di un partito su cui aveva sparato a pallettoni ogni giorno negli ultimi due anni. Il tema è se un partito ha il diritto di negare la propria tessera ad un cittadino senza un motivo valido. E questo precedente dimostra che il Pd, fonte di sì tanta speranza da parte dei giovani della sua base (che difficilmente, a mio parere, si riconoscono nelle deliranti parole del loro segretario Raciti), nato da meno di due anni, è già entrato in un coma a dir poco profondo.
In altre parole, non ho mai votato per il Partito democratico. Come ho detto, a parte le politiche del 2006 - in cui votai Ulivo pentendomi - l'unica volta che ho votato per i Ds l'ho fatto solo per dare il mio voto a Santoro. Avrei voluto recarmi alle primarie dell'Unione del 2005 per votare Prodi, ma non ci andai. Avrei voluto recarmi alle primarie del Pd, quelle dell'incoronazione di Veltroni, ma non ci andai: e se ci fossi andato, avrei votato presumibilmente Rosy Bindi. Tutto ciò sta a dimostrare che io, con il Pd, c'entro poco. Ogni volta, poi, che qualcuno parla con me, non esito a spalare quantità industriali di merda sui dirigenti democratici, perché campioni di inciuci e di riciclaggio politico e soprattutto perché non hanno ancora capito che, se il Pd non ha un'identità politica ben precisa e se i suoi elettori lo stanno abbandonando, la colpa è per la maggior parte la loro: dei vari Fassino, D'Alema, Rutelli, Fioroni, Latorre. Interessati più alle poltrone e al potere che alla giustizia sociale o al benessere dei loro concittadini.
Eppure, se domani mattina decidessi di iscrivermi al Pd, cosa dovrei fare? Dovrei andare nel circolo della mia città - in questo caso, Ostuni - e i dirigenti del circolo dovrebbero decidere se rilasciarmi o no la tessera. In questo caso, anche per la presenza di mio cugino nel partito a livello locale, non ci sarebbero problemi e io diventerei un militante del Partito democratico. Eppure, io non ho mai votato per il Partito democratico, e detesto i suoi dirigenti. Se poi volessi, potrei anche candidarmi a segretario: mi basterebbe raccogliere le firme in qualche regione e presentare la mia candidatura entro una certa data. Se riuscissi a farlo, si candiderebbe a segretario del Pd una persona che per il Pd non ha mai votato, e che non ha nessuna stima dei suoi dirigenti. Voi direte: dove voglio andare a parare?
Il fatto che io - in quanto cittadino - possa fare una cosa del genere, ci sta nel meccanismo di un partito davvero democratico. Eppure negli ultimi giorni un comune cittadino ha scelto di mettersi in gioco e di correre per la carica come quinto candidato, dopo Franceschini, Bersani, Marino e Adinolfi. Questo comune cittadino ha presentato il suo programma, radicalmente diverso dai programmi degli altri (anche se, dei programmi degli altri, si sa poco o nulla), ha richiesto la tessera del partito ed ha iniziato a raccogliere le firme. Ma la tessera gli è stata negata. Il suo nome, come avrete capito, è Beppe Grillo.
Allora ci si dovrebbe chiedere: il Partito democratico è davvero democratico? Si può definire democratico un partito che nega la tessera ad un cittadino che non ha mai militato in nessun altro partito, che presenta un programma, che rispetta le regole per la candidatura? La tessera del Pd, negli ultimi anni, non si è negata a nessuno. Dai pregiudicati come Enzo Carra (condannato definitivo per falsa testimonianza durante Mani pulite) agli iperriciclati come Marco Follini (già segretario dell'Udc e vicepremier del governo Berlusconi III), dalle raccomandate di lusso come Marianna Madia (portata in Parlamento in quanto "amica di Enrico Letta", o ricordo male?) agli indagati per mafia come Vladimiro 'Mirello' Crisafulli (filmato dai Carabinieri a cena con il boss di Enna, mentre parlavano di appalti), per finire al presunto stupratore seriale di Roma. E questo dovrebbe essere il partito nuovo? Gli stupratori, i mafiosi, i voltagabbana e i raccomandati sì e Beppe Grillo no?
Se il Pd fosse stato un partito serio, avrebbe detto a Grillo: candidati, gareggia con gli altri aspiranti segretari, presenta il tuo programma, gli elettori delle primarie ti giudicheranno. Ma sappi che prima di tutto non tollereremo i tuoi soliti toni qualunquisti, e che se vinci dovrai ascoltare la voce di tutti e non decidere da solo, mentre se perdi dovrai lottare insieme a noi. Questo, avrebbe fatto un partito serio. Avrebbe accolto un cittadino e i suoi seguaci e avrebbe sfruttato quest'occasione per aprire gli occhi sulla società italiana, così lontana dai dirigenti del Pd. Ciò che è evidente, però, in tutta questa storia, è la contraddizione dello strumento delle primarie, contraddizione che era già venuta fuori in occasione delle elezioni che incoronarono Veltroni: finchè c'è un candidato forte e tanti candidati deboli senza idee, va bene; se però si presenta qualcuno con idee diverse, innovative, e soprattutto con serie possibilità di vincere, non va più bene. In quell'occasione, i trombati furono Furio Colombo e Antonio Di Pietro. Grillo aveva serie possibilità di diventare segretario del Pd, e facendolo avrebbe spazzato via l'eterna lotta Veltroni-D'Alema (stavolta travestiti da Franceschini e Bersani, senza nulla togliere all'onestà di questi due) che ha triturato e raso al suolo la sinistra italiana degli ultimi venti anni. Ciò dava fastidio alla nomenklatura, troppo fastidio.
Concludo chiarendo una cosa molto importante: il tema sul quale occorre concentrarsi non è tanto se Grillo avesse o no la statura politica per fare il segretario del secondo partito italiano. Non è se Grillo avesse un programma o no. Non è se Grillo potesse o no diventare membro di un partito su cui aveva sparato a pallettoni ogni giorno negli ultimi due anni. Il tema è se un partito ha il diritto di negare la propria tessera ad un cittadino senza un motivo valido. E questo precedente dimostra che il Pd, fonte di sì tanta speranza da parte dei giovani della sua base (che difficilmente, a mio parere, si riconoscono nelle deliranti parole del loro segretario Raciti), nato da meno di due anni, è già entrato in un coma a dir poco profondo.
1 commento:
Non posso che condividere l'analisi. :)
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